Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare un regolamento che disciplina il riutilizzo delle acque reflue affinate, in attuazione del regolamento europeo 2020/741. Il testo, proposto dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, definisce i criteri e le condizioni per un impiego sicuro delle acque trattate, con l’obiettivo di fronteggiare la crisi idrica e favorire pratiche sostenibili, in particolare nel settore agricolo.
Il provvedimento introduce l’obbligo di redigere un Piano di gestione dei rischi, che dovrà specificare ruoli e responsabilità di gestori e utilizzatori finali. La misura mira a garantire la tutela della salute umana e animale, oltre che la protezione dell’ambiente, fornendo al tempo stesso un quadro normativo chiaro per il riuso delle risorse idriche.
Ambito e finalità
Il regolamento stabilisce prescrizioni minime armonizzate per il riutilizzo delle “acque affinate” – cioè acque reflue urbane che, dopo il trattamento previsto dalla Direttiva 91/271/CEE, subiscono ulteriori trattamenti per renderle adatte all’uso, in particolare agricolo.
L’obiettivo è duplice: ridurre la dipendenza dalle risorse idriche naturali e garantire un elevato livello di tutela della salute umana, animale e dell’ambiente.
In Italia, il regolamento è recepito tramite un decreto che sarà adottato con decreto del Presidente della Repubblica, come indicato dal comunicato del Consiglio dei Ministri.
Principali aspetti tecnici del regolamento
Ecco i punti chiave tecnici che il regolamento e il provvedimento italiano vanno a disciplinare.
Qualità delle acque affinate
Il regolamento fissa requisiti minimi di qualità dell’acqua destinata alla ri-uso agricolo: livelli massimi per determinati parametri microbiologici (es. Escherichia coli, enterococchi), parametri relativi ai solidi sospesi, parametri di cloro residuo, e altri indicatori di contaminazione.
Inoltre si richiama l’obbligo che le acque reflue urbane soggette all’uso siano state trattate secondo la direttiva 91/271/CEE e poi affinate (cioè sottoposte a trattamento più spinto) per renderle idonee.
Piano di gestione dei rischi
Uno degli elementi centrali: prima di qualsiasi utilizzo le acque devono essere coperte da un “Piano di gestione dei rischi”, redatto dal gestore dell’impianto di affinamento insieme, ove necessario, agli utilizzatori finali.
Il piano deve descrivere: il sistema di riutilizzo, i processi coinvolti, la destinazione d’uso (colture, irrigazione), la distribuzione, le tecniche di applicazione, e identificare i potenziali pericoli ambientali o per la salute pubblica, con misure preventive e correttive da attuare.
Autorizzazione (permesso) per la produzione e l’erogazione
Il regolamento condiziona la produzione e l’erogazione delle acque affinate al rilascio di un permesso da parte dell’autorità competente.
Il permesso vincola il gestore e le parti coinvolte agli obblighi indicati nel piano di gestione dei rischi e nelle specifiche del sistema.
Monitoraggio e trasparenza
Sono previste:
- definizioni di un regime di monitoraggio obbligatorio della qualità delle acque affinate e della rete di distribuzione.
- obbligo di pubblicazione delle informazioni chiave sui progetti di riutilizzo: che tipo di acqua, dove, in che condizioni, quale irrigazione, quali colture.
- riesame periodico della decisione di riutilizzo, anche in relazione a condizioni geografiche, climatiche, stato delle risorse idriche, e pressioni ambientali.
Fonte: Consiglio dei Ministri
Ambito di applicazione e esclusioni
Il regolamento si applica ogni volta che acque reflue urbane trattate e poi affinate vengono riutilizzate a fini irrigui in agricoltura. EUR-Lex+1
Uno Stato membro può decidere di non applicare il riutilizzo in alcune zone geografiche o bacini idrografici, se giustificato dalle condizioni locali (clima, stato delle risorse idriche, costi ambientali), ma deve motivarlo e riesaminarlo. EUR-Lex+1