Il Consiglio di Stato chiarisce i limiti del potere del giudice d’appello e stabilisce un’importante apertura sull’interesse ad agire dei cittadini nel contenzioso amministrativo, specialmente in relazione all’installazione degli impianti radio base. Lo ha fatto con la sentenza n. 7480 del 23 settembre 2025, emessa dalla sezione VI (Pres. Simonetti, Est. Cordì).
La tutela non è solo patrimoniale
La pronuncia è di rilievo soprattutto per la nozione di interesse ad agire. Il Consiglio di Stato afferma che questo non si esaurisce nella sola dimensione patrimoniale, ma si estende a tutti quegli aspetti di natura non patrimoniale che riguardano la vivibilità, la fruibilità, il benessere e il godimento di un bene.
Tali interessi – prosegue la Corte – devono considerarsi incisi in caso di nuove edificazioni in zone prossime alle proprietà private, come nel caso degli impianti radio base. Di conseguenza, i residenti e i proprietari vicini hanno la legittimazione a ricorrere contro l’autorizzazione all’installazione. La legittimazione è confermata se l’interesse è giuridicamente tutelato (criterio della qualificazione) e se la situazione del ricorrente è diversa rispetto alla generalità dei cittadini a causa del concreto esercizio di un potere amministrativo (criterio della differenziazione).
Silenzio-assenso e conferenza di servizi
La sentenza interviene anche sulla materia specifica degli impianti radio base, chiarendo i limiti del meccanismo del silenzio-assenso. Il Consiglio di Stato ribadisce che il procedimento semplificato (silenzio-assenso) opera solo a condizione che la conferenza di servizi sia stata correttamente instaurata.
Ciò implica la rituale e regolare convocazione di tutte le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi rilevanti in relazione alla specifica istanza di autorizzazione, come previsto dall’articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche).
Il limite del rinvio al Tar
Infine, la Corte chiarisce il proprio potere di decisione in appello in caso di riforma di una sentenza di primo grado che abbia erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso. Il rinvio al giudice di primo grado, ai sensi dell’articolo 105 del Codice del processo amministrativo (c.p.a.), è disposto solo nel caso di motivazione apparente o non pertinente.
Al di fuori di queste ipotesi gravi, se il giudice d’appello riforma la sentenza per un vizio di diritto, può trattenere la causa e decidere il merito, purché la sentenza originaria, sebbene viziata, costituisca comunque una base valida in fatto per procedere.
Fonte: Ufficio massimario del Consiglio di Stato