Il valore economico dell’industria della ‘cultura’ per il 2014 è da considerarsi pari a 47 miliardi di euro, pari al 2,9% del pil, in grado di generare quasi un milione di occupati. E’ quanto emerge dalla ricerca ‘Italia Creativa’, commissionato dalla Siae e dal MiBact a Ernst&Young, e presentato ieri alla Triennale di Milano, alla presenza del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini.
Alla base della ricerca c’è la volontà di dare un quadro d’insieme sui numeri e le potenzialità complessive di un’industria che raramente viene considerata nel suo totale. Nel dettaglio, ‘Italia Creativa’ fotografa per l’Industria della Cultura e della Creatività italiana cifre decisamente rilevanti. Particolare attenzione è stata prestata ai giovani che operano in ambito culturale: il 41% degli occupati nell’Industria della Cultura e della Creatività in Italia, infatti, ha un’età compresa tra i 15 e i 39 anni, contro una media del circa 37% in tutti i settori dell’economia del Paese.
Dai numeri emersi, risulta chiaro che si tratta di un’industria ad alto tasso di capitale umano, fondata in larga parte sull’apporto intellettuale. E proprio sui giovani è intervenuto il ministro Franceschini, spiegando come, in passato, si sia investito poco su di loro “ma oggi -ha detto il ministro- abbiamo fatte scelte molto diverse mettendo 114 milioni di euro di fondi europei a disposizione delle industrie culturali e creative e per le card destinate ai diciottenni”.
Quanto alla ricerca, questa, ha aggiunto il ministro “dimostra esattamente quanto i diversi settori dell’industria culturale italiana contribuiscano all’economia del Paese in termini di occupazione e fatturato. È nostro preciso dovere -spiega- adoperarci per favorire al massimo ogni espressione di questo settore, garantendo le corrette condizioni di mercato, contrastando pirateria e contraffazione e riconoscendo il giusto compenso a chi vi opera con il proprio talento. Questo vuol dire pensare al futuro del nostro Paese e tornare a fare dell’Italia il Paese delle Arti e della Bellezza”.
La ricerca ha misurato gli undici settori maggiormente rappresentativi dell’Industria della Cultura e della Creatività: architettura, arti performative, arti visive, cinema, libri, musica, pubblicità, quotidiani e periodici, radio, televisione e home entertainment, videogiochi.
Proprio per l’importanza dell’aspetto creativo di questa industria, un elemento che riveste particolare rilevanza è quello della tutela del diritto d’autore volto ad assicurare ad autori ed editori l’adeguata remunerazione delle loro opere per ciascun tipo di utilizzazione: dai concerti alla radio e televisione, dai teatri alle sale da ballo, dai cinema ai bar ad altri luoghi pubblici, ma anche su web o nella telefonia mobile.
Su questo argomento è intervenuto il presidente della Siae, Filippo Sugar, che ha ricordato che “L’Italia Creativa è il cuore e il cervello del corpo economico del nostro Paese. Il settore culturale e creativo è infatti pieno di start up: ogni autore, ogni artista che inizia a pensare di dedicare la sua vita alla creatività o comunque a realizzare opere nuove è, di fatto, una start up. Quindi da sempre questa è un’industria fortemente legata all’innovazione, e l’innovazione è fonte di rottura, di pensieri nuovi, di libertà”.
Di mancanza di coraggio, ha invece parlato l’amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia secondo il quale “i prodotti italiani, come quelli cinematografici, possono essere venduti in tutto il mondo. veniamo da anni -ha aggiunto- dove abbiamo continuato ad importare modelli, orfa dobbiamo invertire questa tendenza”.
Per l’amministratore delegato di Mondadori, Ernesto Mauri, invece un aspetto importante riguarda lo scarso valore che i libri sembrano rappresentato per gli italiani: “il 58% non legge un libro così come non lo fa il 39% della nostra classe dirigente. Occorre trovare una soluzione -ha insistito- e come grandi editori dobbiamo mettere al centro dei nostri investimenti proprio la creatività creando un vero e proprio laboratorio di autori”.