Tempi duri per i lavoratori che si ammalano. Nell’anno che viene, arriveranno nuove regole sulla visita fiscale e sulla gestione del periodo di assenza dal lavoro. Diverse le novità introdotte. I controlli scatteranno il primo giorno di assenza anche per i lavoratori privati; il medico fiscale potrà essere inviato d’ufficio. Come ci si deve comportare, pertanto, onde evitare sanzioni severe? La prima cosa da fare quando ci si ammala è avvertire il datore di lavoro. Il tempo per farlo è regolato in base al contratto collettivo di lavoro applicato dall’azienda di riferimento.
Nei casi di giustificato e comprovato impedimento non vige l’obbligo di avvertire. Se l’inadempimento non viene giustificato, il datore di lavoro può sanzionare il dipendente, anche se il certificato medico è inviato nei termini. Per ottenere il certificato medico, occorre recarsi tempestivamente dal proprio medico curante, entro 48 ore (2 giorni) dal verificarsi della patologia. Il medico trasmetterà il certificato di malattia, con la diagnosi, la prognosi e l’indirizzo nel quale il dipendente è reperibile, in via telematica all’Inps e rilascerà una ricevuta col numero di protocollo. Se il contratto collettivo o gli accordi con il datore di lavoro lo prevedono, si dovrà inviare il numero di protocollo al datore di lavoro. Se il proprio medico curante è assente, è possibile recarsi da un altro medico convenzionato col servizio sanitario nazionale (Ssn) o dalla guardia medica. In caso di ricovero, è l’ospedale a dover inviare il certificato medico. Se invece la trasmissione telematica risulta impossibile, è necessario inviare con raccomandata il certificato, entro lo stesso termine di 2 giorni previsto per l’invio telematico. A questo punto, la domanda sorge spontanea, come avrebbe detto un celebre presentatore televisivo di qualche anno fa: se uno è veramente malato, accaldato dalla febbre, con le vie respiratorie occluse, le ossa doloranti e percorse da brividi, come fa a compiere tutti questi adempimenti?
Comunque… avvertito il datore di lavoro e trasmesso il certificato medico, occorre rendersi reperibile per la visita fiscale. Si tratta di un controllo da parte di un medico fiscale dell’Inps, volto a verificare lo stato di malattia. Le fasce di reperibilità alle quali bisogna attenersi sono: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, se si è dipendenti del settore privato; dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18, se si è dipendente pubblico. In determinati casi non si è obbligati a essere reperibili nelle fasce orarie per la visita fiscale. Le ipotesi di esonero, in particolare, riguardano il ricovero presso una struttura sanitaria (chi è ricoverato in ospedale non può assolutamente ricevere la visita fiscale, né in loco, né, ovviamente, presso la propria abitazione); l’esistenza di una patologia grave che richiede cure salvavita (l’ipotesi riguarda, ad esempio, chi ha gravi patologie cardiache, pazienti con patologie oncologiche, dializzati); l’infortunio sul lavoro e la malattia professionale; una malattia correlata a un’eventuale invalidità o menomazione del dipendente (sono i casi, in pratica, in cui il malato possiede una percentuale d’invalidità o un handicap, anche non grave).
Il proprio medico curante, poi, può disporre che il dipendente sia esonerato dalla visita fiscale per particolari motivazioni (ad esempio, nel caso di depressione o cefalea, perché la permanenza in un luogo chiuso ostacola la guarigione), contrassegnando il certificato medico col codice E. Se la visita fiscale è stata già effettuata durante il periodo di prognosi della stessa malattia, non può essere effettuato un nuovo controllo medico da parte dell’Inps; in caso di ricaduta, invece, o nel caso in cui il proprio medico prolunghi la prognosi, si può ricevere una nuova visita.
Al di fuori delle ipotesi di esonero dal controllo medico fiscale, in alcuni casi si può essere comunque giustificato, anche se si risulta assente agli accertamenti domiciliari. I casi di assenza giustificata alla visita fiscale riguardano l’effettuazione di una visita medica o la sottoposizione a un accertamento sanitario durante le fasce di reperibilità; la sottoposizione a cure mediche durante le fasce di reperibilità (in queste ipotesi, si deve avvertire in anticipo l’amministrazione o il datore di lavoro ed esibire, successivamente, un’attestazione in merito); l’assenza per cause di forza maggiore, o per evitare gravi conseguenze per sé o per i propri familiari; la visita al di fuori delle fasce di reperibilità.
A volte possono manifestarsi delle sfortunate coincidenze, come un malfunzionamento del campanello, che fanno risultare assente il dipendente alla visita anche se è rimasto tutto il giorno in casa: la giurisprudenza, però, ritiene la maggior parte di queste situazioni insufficienti a giustificare l’assenza al controllo medico. Tra le scuse non valide rientrano, tuttavia: il malfunzionamento del campanello o del citofono, non aver sentito suonare o bussare, la mancanza del cognome del lavoratore nel citofono, la variazione di domicilio non comunicata, non potersi alzare dal letto, essere usciti per commissioni urgenti. Nonostante tali scusanti siano serie, prevale il principio per cui il dipendente sia tenuto ad adottare tutti gli accorgimenti possibili per accogliere il medico nelle fasce di reperibilità. Si hanno 15 giorni di tempo per giustificare la propria assenza alla visita fiscale: in caso di assenza ingiustificata al controllo domiciliare, la sanzione comporta la perdita del 100% della retribuzione per i primi 10 giorni di malattia, a meno che il lavoratore non sia convocato prima a una seconda visita, che solitamente avviene nell’ambulatorio Asl. In questo caso, se effettivamente il medico verifica il proprio stato di malattia, si può recuperare la retribuzione dal giorno del secondo controllo. In caso di assenza alla seconda convocazione (visita ambulatoriale), invece, si perde il 50% della retribuzione dei giorni restanti; alla terza assenza, si perde tutto.