Urbanizzazione crescente, strade e autostrade, oltre che una motorizzazione privata seconda solo al Lussemburgo in Europa tolgono spazio al capitale naturale. L’allarme dell’organizzazione per la protezione ambientale. Il consumo del suolo in Italia continua ad essere un problema. Il nostro Paese cresce in urbanizzazione e infrastrutture a discapito di habitat ecologicamente intatti.
Un territorio ‘polverizzato’ dalle infrastrutture, in cui strade e autostrade fanno salire dal 7,6% (dati Ispra 2016) al 10% il consumo del suolo in Italia. E’ uno dei dati che emerge dal report 2017 del WWF Italia dal titolo “Caring for our soil – Avere cura della natura dei territori”.
Stilato con il contributo di 27 tra docenti universitari, esperti di Istituti di Ricerca (Ispra e Istat) e rappresentanti delle Istituzioni, il documento offre analisi e proposte utili alla comprensione delle dinamiche del consumo di suolo in atto e per lo sviluppo di città green, garantendo nel contempo la tutela del patrimonio naturale.
“Nel nostro paese – dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi – gli habitat ecologicamente intatti sono in costante riduzione, solo l’11% dei fiumi alpini si salva da interventi artificiali e dallo sfruttamento; solo il 30% delle coste è rimasto nel suo stato naturale mentre il 50% risulta compromesso; l’80% delle dune è scomparso. Contenere il consumo di suolo è fondamentale per limitare il rischio idrogeologico, garantire la resilienza dei sistemi naturali e favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici. È indispensabile stabilire per legge quali siano le soglie da non superare”.
“L’Italia – si legge nel report – è seconda solo al Lussemburgo nella classifica europea della motorizzazione privata: con 608 veicoli per 1000 abitanti”. Una mobilità su gomma che incide sulla insularizzazione degli habitat naturali.
Risultato: nella fascia di 1 km dai Siti di Interesse Comunitari, negli ultimi 50 anni l’urbanizzazione è salita da 84mila a 300mila ettari, con un incremento medio su scala nazionale del 260%, dilapidando così il nostro capitale naturale. Anche le aree interne non sono state risparmiate.
Negli ultimi 50 anni nei Comuni appenninici localizzati nelle aree a maggior rischio sismico, l’espansione urbana è stata del 3% l’anno, occupando aree per un totale di circa 2.200 km2.
Di qui una serie di proposte contenute anche in una legge depositata in Parlamento. Tra queste l’adozione da parte dei Comuni di un ‘bilancio del consumo del suolo’ che si basi sul riuso di spazi ed edifici. La realizzazione di insediamenti a tendenziale autosufficienza energetica. Il recupero di territori dismessi, marginali o anche contaminati, attraverso i giardini condivisi e gli orti urbani.