In Italia diminuiscono complessivamente gli incidenti stradali, ma non in ambito urbano: in 15 anni si è ridotta la percentuale delle morti (-60%) e dei feriti (-40%). Nelle città, invece, il livello di incidentalità pedonale nel 2016 presenta gli stessi numeri del 2000 e, osservando i dati della cosiddetta mobilità dolce, si registra il 35% in più tra morti e feriti. Per ovviare a questa grave situazione alcuni Comuni stanno agendo attraverso il coordinamento di politiche attrattive verso il trasporto pubblico e la definizione di nuove “mission zone”, aree concentriche in cui non possono transitare le automobili private. Misure importanti che devono, però, essere corredate dalla programmazione di attività ordinarie di manutenzione delle pavimentazioni stradali, di segnaletica orizzontale e verticale e dei servizi di copertura delle buche. Serve un piano di manutenzione ordinaria, ancor prima del piano comunale della sicurezza stradale, ancor prima del piano della mobilità sostenibile: dicono gli esperti. E aggiungono: la mobilità va vista come mobility assistance service dettata da una nuova esigenza che sta emergendo sempre più tra gli utenti, quella dello spostamento plurimodale (a piedi, in bike o car sharing, con la macchina dell’amico, con il trasporto pubblico). Ciò significa migliorare la capacità digitale dove serve, perché ogni smart city dipende dalle priorità del territorio e di chi quel territorio lo governa e lo abita, dal modo di essere e svilupparsi di alcune sue parti – quartieri – isolati – parchi – distretti. Realizzare la smart city vuol dire pensare a un modello di sviluppo integrato nel quale i vari aspetti convivano in maniera dinamica, sistemica e armonica. In tal senso vanno letti gli interventi e le esperienze realizzati e in via di realizzazione in diversi Comuni.
La città di Firenze, come esempio di best practice, ha investito quasi 2miliardi di euro in infrastrutture – colonnine elettriche, car sharing, nuove flotte elettriche di taxi – con l’obiettivo entro il 2019 di proporre veicoli elettrici o ibridi. Ha inoltre attirato fondi e investitori internazionali in virtù del nuovo regolamento urbanistico “a volume zero”, ossia recuperando il patrimonio esistente, quel milione e seicentomila metri quadrati di spazi non utilizzati, senza ulteriore consumo di suolo (a livello nazionale si stima di raggiungere nel 2050 livelli di consumo dello 0%, dati Ispra).
Il Comune di Rossano, invece, ha proposto un progetto di mobilità sostenibile alla Regione Calabria, puntando sui POR 2014-2020 e prevedendo di elettrificare una rete ferroviaria ormai dismessa sulla fascia ionica per realizzarvi una metro leggera in grado di collegare tutti i Comuni dello Jonio cosentino.
Il Comune di Modena ha preferito scommettere sulla partnership pubblico-privato nella realizzazione di un “Automotive Smart Area”, hub per la ricerca sulla mobilità sostenibile di veicoli elettrici innovativi, organizzato sottoscrivendo un protocollo in collaborazione con l’università e con FCA, in particolare con Alfa Romeo e Maserati.
L’amministrazione di Prato ha utilizzato finanziamenti pubblici del Comune, del bando periferie e della Regione Toscana per rigenerare alcune aree dismesse, in particolar modo per l’abbattimento dell’edificio del vecchio ospedale, la costruzione di un parco all’interno delle mura storiche medievali e la nascita di un parco fluviale.
Altro elemento chiave per lo sviluppo intelligente delle città è il passaggio da infrastrutture a banda larga di base all’utilizzo degli open data, all’interoperabilità dei dati e dei servizi, all’utilizzo dei dati anche per assumere decisioni. Una transizione prima di tutto culturale e non solo digitale. La chiave della sostenibilità – insistono gli esperti – è data anche dalla capacità di coniugare l’innovazione tecnologica alla valorizzazione del patrimonio culturale. E’ il caso di Assisi, un Comune di 28mila abitanti, ma con problemi da città di medio-grandi dimensioni con circa 4milioni di visitatori e problematiche di valorizzazione del patrimonio.
L’esperienza del Comune di Empoli, infine, vira e si concentra soprattutto nell’implementazione di forme innovative di aggregazione e d’inclusione sociale: spazi residenziali lavorativi, coworking, Urban Center e spazi per le startup.