Si è svolta nell’Aula Magna della Sapienza Università di Roma, l’Assemblea della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) alla quale ha preso parte il Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa. La riunione è stata allargata e ha visto la partecipazione della Consulta dei Presidenti degli Enti Pubblici di Ricerca allo scopo di condividere le politiche e le attività che vedranno protagonisti il mondo della ricerca e della formazione terziaria nei prossimi anni per il rilancio della crescita e della competizione del Paese.
«Confrontarsi, condividere e discutere in modo franco e costruttivo, è il primo passaggio per invertire la rotta, ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa. Stiamo lavorando per fare in modo che investimenti e riforme previsti con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possano accompagnare la produttività e l’attrattività del nostro Paese ben oltre il 2026: l’obiettivo di lungo termine è fare in modo che i miliardi all’anno aggiunti dal Recovery ai Fondi nazionali e alle altre risorse europee, insieme alle imprescindibili riforme, riescano a incentivare un sistema virtuoso tra pubblico e privato in grado di far crescere e consolidare nel tempo gli investimenti strutturali per università e ricerca. Stiamo lavorando per fare in modo che l’accesso all’università sia il più possibile aperto e sempre più “universale”, consentendo a tutti coloro che lo meritano, anche se privi di possibilità economiche, di poter intraprendere il percorso universitario desiderato. Per le borse di studio, tra risorse nazionali, investimenti del PNRR e del REACT EU per il 2022-2024 avremo oltre 1,5 miliardi di euro, per la no tax area, una misura che non è stato possibile fare rientrare tra le voci del Recovery, avremo gli strumenti nazionali, mentre per l’edilizia universitaria all’ordinario Fondo Edilizia e Infrastrutture di Ricerca aggiungiamo i 960 milioni del PNRR.
Garantire continuità di risorse anche al settore della ricerca, oltre alle certezze nei percorsi di carriera, è l’altro obiettivo fondamentale, ha proseguito il Ministro, stiamo lavorando come ministero, insieme al Parlamento, per chiarire ruoli, per valorizzare persone e progetti, per migliorare la mobilità, per fare in modo che ci sia davvero una virtuosa circolazione di saperi, una vera competizione e che la ricerca, qualunque essa sia e valutata con gli standard internazionali, si interfacci con il mondo esterno, dai cittadini agli enti locali all’industria. Integrando i fondi nazionali con quelli del PNRR struttureremo i PRIN-Progetti di Rilevante Interesse Nazionale con una dotazione annuale di circa 500 milioni, per bandi di ricerca per giovani ricercatori aggiungiamo 600 milioni del Recovery ai 200 dei fondi strutturali, per sostenere programmi di ricerca e innovazione realizzati da partenariati allargati a Università, centri di ricerca e imprese, possiamo contare su oltre 1,6 miliardi. Per i dottorati, con gli investimenti del Recovery e del REACT-EU, destiniamo 1,51 miliardi di euro in aggiunta agli esistenti, una dotazione che potrebbe ulteriormente essere implementata grazie ai co-finanziamenti da parte di privati che potranno decidere di investire sulla formazione di dottorati.
Partiremo dall’esistente per potenziare e creare le infrastrutture di ricerca, i centri di ricerca e sviluppo sulle Key Enabling Technologies, quelli territoriali, gli ecosistemi dell’innovazione. Per queste voci abbiamo quasi 3 miliardi di euro che dobbiamo mettere a sistema, insieme, nel modo più efficiente ed efficace possibile».
«Il PNRR rappresenta un’eccezionale occasione a patto che rispetti due requisiti fondamentali: la sostenibilità a lungo termine, come indicato dalla Ministra Messa, e un’attuazione rapida» ha sottolineato Ferruccio Resta, Presidente della CRUI e rettore del Politecnico di Milano, un cambio di passo che l’università chiede da tempo. Il piano dovrà adottare una visione bifocale: accelerare interventi immediati per garantire al paese risultati a lungo raggio. Se riusciremo a mettere l’università nella condizione di presidiare l’evoluzione tecnologica e di anticipare i grandi trend della ricerca; di puntare sulla valorizzazione degli ecosistemi e delle eccellenze locali; di aumentare la nostra reputazione in programmi e reti internazionali, allora avremo fatto centro. Lo dobbiamo a un Paese che può, e deve, ripartire dalla conoscenza e dall’alta formazione».