Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sezione IV, n. 5747 del 3 luglio 2025) apporta un importante chiarimento in materia di appalti pubblici e, in particolare, sull’obbligo di fornire una traduzione ufficiale in lingua italiana per i documenti di gara.
La sentenza: doppia lingua, niente traduzione aggiuntiva
Il cuore della questione riguarda l’applicazione dell’articolo 168, comma 5, del Codice dei contratti pubblici. Tale norma prevede la necessità di una traduzione ufficiale in italiano quando gli atti e i documenti di gara sono stati redatti unicamente in lingua straniera.
I giudici del Consiglio di Stato hanno però specificato che questo obbligo non si applica se i documenti di gara sono stati prodotti fin dall’inizio, nella loro versione originale, sia in lingua straniera che in italiano, e presentano la doppia sottoscrizione per entrambi i testi.
La motivazione: se c’è l’originale italiano, la traduzione ufficiale è superflua
Il principio è basato su una logica di efficienza e chiarezza: se un documento originale è già disponibile in italiano, viene automaticamente a mancare la necessità di un’ulteriore, formale e costosa, traduzione ufficiale del testo straniero. In pratica, la versione italiana “originale” presente nel fascicolo esclude l’esigenza di una successiva “traduzione”.
La sentenza è significativa, poiché – come sottolineato nelle note della decisione – non risultano precedenti giurisprudenziali che abbiano affrontato la questione in termini così precisi, fornendo un punto di riferimento certo per le stazioni appaltanti e gli operatori economici che operano in contesti internazionali.
In sintesi: Se l’atto di gara è “bilingue originale”, con entrambi i testi firmati, l’amministrazione non può richiedere una traduzione ufficiale aggiuntiva.
Fonte: Ufficio Massimario del Consiglio di Stato