Non supera il «controllo di ragionevolezza» la norma dell’articolo 1, comma 815, della legge di Bilancio per il 2020, che amplia retroattivamente, in favore delle cosiddette società private scorporate, l’ambito di applicazione sia del meccanismo di riscossione “scalare inverso” sia del non assoggettamento a controllo delle “quote affidate” fino a 300 euro. È quanto si legge nella sentenza n. 66 depositata oggi (redattore Luca Antonini), con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima l’estensione retroattiva, alle società private scorporate, di una procedura speciale di riscossione ed esclusione dei controlli, introdotta con lo «specifico intento di rispondere a particolari ed eccezionali esigenze riferibili solo ed esclusivamente agli agenti “pubblici” della riscossione e per i quali i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità erano, al momento della sua entrata in vigore, ancora aperti, a differenza di quelli riferibili alle società private “scorporate”, che erano, invece, ormai scaduti». Nella stessa pronuncia sono state dichiarate inammissibili le questioni sull’articolo 4 del decreto legge 23 ottobre 2018 n. 119 (che introduce l’automatico annullamento dei debiti di importo residuo fino a mille euro) «anche agli effetti dei rapporti pendenti tra enti territoriali e società private “scorporate”». La sentenza però precisa che – una volta venute meno le ragioni che in passato hanno portato a gravi accumuli di crediti di difficile esigibilità – nell’ambito di operatività del prossimo e nuovo contesto di riforma del sistema della riscossione pubblica «dovranno essere evitati interventi di “rottamazione” o “stralcio” contrari al valore costituzionale del dovere tributario e tali da recare pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione (sentenza n. 288 del 2019)».
Fonte: Corte Costituzionale