Arrivano i ‘distretti’ per i servizi pubblici locali. È quanto prevede, in materia, la bozza di decreto attuativo della riforma della P.A. L’obiettivo è fare ordine, attraverso la definizione di «ambiti o bacini territoriali ottimali», per organizzare lo svolgimento di servizi a rete, così da consentire «economie di scala» e «massimizzare l’efficienza».
Una lente per fare luce sulla complessa rete dei servizi pubblici locali d’interesse generale. Sarebbe questo il ruolo dell’Osservatorio previsto dalla bozza del Testo Unico in materia, un decreto di 32 articoli che attua la riforma della Pubblica Amministrazione e che dovrebbe arrivare insieme a un pacchetto di una decina di decreti nel Consiglio dei ministri del 15 gennaio.
L’Italia apre le porte al ‘debat public’ anche in tema di servizi pubblici locali. La bozza del Testo unico in materia, che attua la riforma Madia, prevede infatti anche il ricorso alla consultazione pubblica, laddove occorra verificare l’idoneità o meno del mercato a soddisfare le esigenze di interesse pubblico.
«Le funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici di interesse economico generale sono distinte e si esercitano separatamente». Così la bozza del decreto sui servizi pubblici locali, di attuazione della riforma Madia. Dietro al principio c’è la stretta sugli incarichi. Ecco che, ad esempio, ai componenti di organismi di indirizzo politico o di enti che abbiano funzioni di stazione appaltante o di controllo del servizio non possono essere conferiti incarichi di amministrazione o gestione. Divieto che si estenderebbe anche a coniugi e parenti.
Giro di vite, inoltre, sui diritti di esclusiva per la gestione dei servizi pubblici locali, per cui l’attività è affidata ad un solo operatore. È un altro punto importante della bozza di decreto sui servizi pubblici locali, il Testo Unico che attua la riforma della Pubblica Amministrazione. «I diritti speciali o di esclusiva sono rilasciati per una durata limitata e non possono essere rinnovati automaticamente». Non solo: «entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto deve essere fatta una loro ricognizione», a cui, a seconda dei casi, seguirà la revoca, la conferma o la modifica in base a tutte le regole messe nero su bianco dal nuovo provvedimento.