I cambiamenti climatici avanzano rapidi in Italia, come dimostra un aumento della temperatura atmosferica già più consistente della media globale, ma sarebbe riduttivo misurarli solo in gradi centigradi. In contemporanea alla temperatura salgono – tra gli altri – il rischio siccità, incendi, frane, alluvioni ed esondazioni. Insieme. Rischi capaci di mettere in ginocchio l’intero Paese, come ci tocca vedere ormai sempre più spesso.
Il “Rapporto periodico sul rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazioni” è stato pubblicato sul sito Polaris – curato dal dall’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpi-Cnr) di Perugia –, ed è lo stesso Cnr ad averne spiegato ieri i contenuti: «Nel 2017, frane e inondazioni hanno causato in Italia – dettaglia Paola Salvati dell’Irpi-Cnr – 16 morti, 22 feriti e oltre duemila tra sfollati e senzatetto. Tali eventi hanno colpito 67 comuni, distribuiti in 18 regioni. La Toscana è la regione con il più alto numero di vittime, altre regioni colpite sono Lombardia, Trentino Alto Adige ed Emilia-Romagna e la Sicilia».
Il rapporto contiene elenchi, statistiche, analisi e descrizioni degli eventi geo-idrologici che hanno causato danni diretti alla popolazione nello scorso anno. Durante il 2017, i principali eventi meteo-climatici con danni alla popolazione si sono verificati nei mesi di settembre e dicembre. “Dalla serata del 9 settembre e per tutta la notte i territori di Livorno, Rosignano Marittimo e di Collesalvetti sono stati interessati da eventi meteorologici di elevata intensità che hanno determinato gravi esondazioni dei rio Ardenza e del rio Maggiore provocando la perdita di otto vite umane, l’isolamento di alcune località e l’evacuazione di numerose famiglie, danneggiamenti alle infrastrutture viarie e ad edifici pubblici e privati”, precisa la ricercatrice. “Dal 10 al 12 dicembre, una forte perturbazione ha interessato l’Emilia-Romagna. Le piogge hanno colpito soprattutto la parte montana dei bacini dei fiumi Trebbia, Taro, Parma, Enza, Secchia, Panaro e parzialmente del Reno. Alle intense piogge si sono aggiunte le acque di fusione del manto nevoso dovuto al progressivo aumento delle temperature, causando il sormonto dell’argine destro del fiume Enza e il successivo cedimento dell’argine, con gravi danni al centro abitato e alla zona industriale di Lentigione. Più di 1.100 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case.”
Per facilitare l’analisi il Rapporto contiene un raffronto con le mappe e le statistiche sugli eventi fatali avvenuti nei cinque e nei cinquanta anni precedenti. “I dati del 2017 sono più gravi di quelli registrati nel 2016, ma sempre sotto la media sia nel corto che nel lungo periodo” commenta il direttore dell’Irpi-Cnr, Fausto Guzzetti. “Nel quinquennio 2012-2016 gli eventi geo-idrologici hanno causato 103 morti e dispersi, mentre nei 10 anni tra il 1997 ed il 2016 le vittime per eventi geo-idrologici sono state 249, con medie rispettivamente di circa 20 e 25 vittime l’anno. Nei 50 anni tra il 1967 ed il 2016, sono registrate 1.789 vittime per una media di circa 36 l’anno. Questo vuol dire che il 2016 e il 2017 sono stati anni meno sfortunati, ma l’analisi nel lungo periodo dice che scostamenti dalla media sono molto frequenti: non possiamo quindi parlare di una tendenza alla diminuzione dell’impatto degli eventi geo-idrologici sulla popolazione”.