Gli elementi posti a base dell’informativa antimafia non devono essere letti e interpretati in una visione atomistica e parcellizzata, ma nel loro insieme, così da avere un quadro complessivo, da cui si possano inferire dati di un possibile condizionamento della libera attività concorrenziale dell’impresa in un’ottica preventiva e non inquisitoria; da ciò l’autonomia tra la sfera dell’indagine penale e quella del procedimento amministrativo finalizzato al provvedimento interdittivo. (1). Questo il primo principio offerto dalla sentenza 5836/2025 emessa dai giudici della terza sezione del Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada, infatti, continuano chiarendo che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di infiltrazione mafiosa. (2).
I tentativi di infiltrazione mafiosa e la tendenza a influenzare la gestione dell’impresa, quali presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia, ai sensi dell’art. 84, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice antimafia), delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzata a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori. (3).
Il pericolo – anche quello di infiltrazione mafiosa – è per definizione la probabilità di un evento e, cioè, l’elevata possibilità e non mera possibilità o semplice eventualità che esso si verifichi. Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia non sanziona perciò fatti penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto “evento” si realizzi. (4).
Il pericolo dell’infiltrazione mafiosa non può sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, codice antimafia), mentre altri, “a condotta libera”, lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del medesimo codice antimafia, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali, unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. (5).
Le sopravvenienze favorevoli all’interessato possono giustificare la richiesta di aggiornamento del provvedimento di interdizione antimafia, ma non possono inficiare la valutazione resa dall’amministrazione sulla base di circostanze preesistenti, successivamente modificatesi. Peraltro, con riguardo alla rilevanza da attribuire alle risultanze dell’esito positivo del controllo giudiziario in sede penale, il prefetto può utilizzare elementi preesistenti, ma non precedentemente rilevati, o meritevoli di una diversa valutazione in chiave preventiva, per cui l’interdittiva (la cui disciplina è comune alla fattispecie di diniego dell’iscrizione nella white list) può essere fondata sui medesimi elementi indiziari della precedente, giacchè frutto di una nuova istruttoria e di un riesame del già ritenuto pericolo di condizionamento, che l’amministrazione può ritenere perdurante all’attualità. (6).
Il carattere occasionale dei rapporti tra appartenenti alla impresa (soci o dipendenti) con ambienti della criminalità organizzata può consentire alla società di essere ammessa al controllo giudiziario, il cui buon esito consente all’impresa ad esso (volontariamente) sottoposta di continuare ad operare, nella prospettiva finale del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva. (7).
I legami parentali possono legittimamente fondare la formulazione di un pericolo di infiltrazione, secondo un procedimento di inferenza logica, non in assoluto, ma in presenza di una serie di condizioni che colleghino la mera condizione parentale all’attività economica. (8).
La sentenza ha pertanto considerato illegittimo il diniego di iscrizione alla white list per difetto di istruttoria e motivazione con riferimento alle conseguenze dei legami di parentela dei soci dell’appellante, non risultando dimostrato in quale misura il semplice legame (di parentela o spesso di affinità) potesse incidere sull’affidabilità dell’impresa, rispetto ai tentativi di ingerenza gestionale da parte della criminalità organizzata.
(1) Conformi: Cons. Stato, sez. III, 19 maggio 2022, n. 3973, 22 aprile 2022, n. 2985; 11 aprile 2022, n. 2712; 3 maggio 2016, n. 1743.
(2) Conformi: C.g.a., sez. giur., ord. 30 giugno 2025, n. 195; C.g.a., sez. giur., 9 giugno 2025, nn. 472 e 448; Cons. Stato, sez. III, 25 gennaio 2022, n. 488; 30 gennaio 2019, n. 758; 3 maggio 2016, n. 1743.
(3) Conformi: Cons. Stato, sez. III, 31 marzo 2023, n. 3338.
(4) Conformi: Cons. Stato, sez. III, 31 marzo 2023, n. 3338.
(5) Conformi: Cons. Stato, sez. III, 25 gennaio 2022, n. 488 secondo cui a fronte della denuncia di un deficit di tassatività della fattispecie, specie nel caso di prognosi fondata su elementi non tipizzati ma a condotta libera, lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, un ausilio può essere fornito da un’opera di tipizzazione e, dunque, un nucleo consolidato, di natura giurisprudenziale, di situazioni indiziarie, che sviluppano e completano le indicazioni legislative, costruendo un sistema di tassatività sostanziale.
(6) Conformi: con riguardo alla prima parte della massima: Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2024, n. 1142; con riferimento alla seconda parte: Cons. Stato, sez. III, 16 maggio 2025, n. 4216 e 7 febbraio 2023, n. 1275.
(7) Conformi: Ad. plen., 13 febbraio 2023, n. 7 (oggetto di News UM n. 40 del 21 marzo 2023) che ha anche fissato i confini del rapporto tra provvedimento prefettizio e controllo giudiziario, stabilendo che questo sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose, aggiungendo che, da un lato, il rapporto di successione tra i due istituti si coglie con immediatezza laddove il condizionamento mafioso non possa ritenersi definitivamente accertato, pendente la contestazione mossa in sede giurisdizionale contro la ricostruzione dell’autorità prefettizia; dall’altro lato, la medesima vicenda successoria di istituti non è comunque impedita quando il condizionamento possa invece ritenersi accertato con effetto di giudicato, con il rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva.
(8) Conformi: Cons. Stato, sez. III, 27 gennaio 2025, n. 593; C.g.a., sez. giur., 16 aprile 2021, n. 323; Cons. Stato, sez. III, 24 aprile 2020, n. 2651.