Superano il 28% i comuni italiani obbligati a ripristinare le proprie aree urbane a partire dal 2031. Si
arriva a oltrepassare anche il 40% se, oltre ai centri e agli agglomerati urbani, si aggiungono anche i
comuni periurbani pari all’11,6% del totale.
Lo mostra chiaramente una delle carte dell’”Atlante dei dati ambientali 2024” presentato questo
pomeriggio a Torino dall’ISPRA durante la manifestazione “Terra Madre”.
Anche al fine di supportare il percorso del Governo nella redazione del Piano nazionale di ripristino,
la nuova edizione dell’Atlante tiene in considerazione quanto previsto dal recente regolamento
europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), entrato in vigore il 18 agosto 2024, in
base al quale tutti gli Stati membri dell’UE devono assicurare il ripristino di almeno il 20% delle aree
degradate terrestri e marine, ed entro il 2050 di tutti gli ecosistemi degradati.
Inoltre, il regolamento richiede che non ci sia nessuna perdita netta di spazi verdi e di copertura
arborea nelle aree urbane fino al 2030 e un costante aumento della loro superficie totale a partire
dal 2031.
Le mappe individuano per la prima volta tutti gli ecosistemi urbani per i quali i Comuni dovranno
assicurare il mantenimento dell’estensione complessiva (a partire dal 2024) e l’incremento, con
azioni di ripristino (dal 2031), delle aree verdi e degli alberi, copertura arborea che solo per il 2,3%
è collocata oggi in ambito urbano. Oltre agli ecosistemi urbani dovranno essere fatti interventi di
ripristino anche in altri ambiti, come quelli agricoli, forestali, costieri, marini e fluviali. Allo stato
attuale il 23,3% degli ecosistemi risentono di una frammentazione elevata, mentre quasi un quinto
(17,5%) è a frammentazione molto elevata. Nel 74% degli habitat mappati da Carta della Natura, i
sistemi ambientali in cui le attività antropiche risultano predominanti, come le coltivazioni e le aree
costruite, sono più della metà del territorio nazionale (52%), mentre tra gli ambienti a maggiore
naturalità risultano maggioritari gli habitat forestali e prativi (44%). La restante parte del mosaico
ambientale (4%) è costituita da ambienti costieri, umidi e rocciosi.
Non solo aree degradate: il lavoro, articolato in sei sezioni tematiche, contiene anche un’intera
sezione dedicata ai cambiamenti climatici, dove le schede sullo stato del clima, sugli indicatori di
impatto e sulle strategie di contrasto, offrono un quadro conoscitivo che consente la valutazione
della situazione nazionale e locale. Ad esempio, per il clima è possibile analizzare la temperatura
media annua registrata nel 2023, compresa tra i -1.9°C della stazione di Valtournenche – Cime
Bianche (Aosta, 3018 m s.l.m.) e i 20.9 °C della stazione di Lampedusa o rilevare che il 2023 è stato
il secondo anno più caldo della serie dal 1961, superato solo dal 2022, e il decimo anno consecutivo
con anomalia positiva rispetto alla norma. Inoltre, le precipitazioni cumulate annuali nel 2023 sono
state complessivamente inferiori di circa il 4% rispetto al trentennio di riferimento 1991-2020, con
riduzioni più marcate nelle aree occidentali del Nord e del Centro, in Sardegna, in Sicilia e nelle aree
centro-meridionali di Puglia e Calabria, le aree del Paese che durante l’anno passato sono state
soggette a persistenti condizioni di siccità.
Inoltre, la carta della pericolosità idraulica, un’altra delle tavole presenti, evidenzia le aree più
critiche del territorio nazionale. Su scala nazionale, si stima che ricadano in aree potenzialmente
inondabili, per uno scenario medio di pericolosità (P2), l’11,8% delle famiglie, il 13,4 % di imprese e
il 16,5% di beni culturali, con conseguente impatto economico e sociale.
La progressiva impermeabilizzazione del suolo e la riduzione delle superfici di espansione delle piene
acuiscono le conseguenze dei fenomeni alluvionali. Il consumo di suolo continua, infatti, a crescere,
con una progressiva diminuzione della superficie destinata all’uso agricolo, perdita di biodiversità e
aumento del degrado del suolo, con conseguenze che devono essere affrontate attraverso incisive
azioni di ripristino.
Dal cartaceo direttamente al digitale: tramite i QR Code inseriti in ogni scheda dell’Atlante è
possibile collegarsi all’EcoAtlante, il portale interattivo sviluppato dall’ ISPRA dal quale si possono
realizzare mappe nazionali e locali personalizzate e uniche nel loro genere, scaricare i dati del
Sistema informativo nazionale ambientale e consultare i trend e le statistiche della “Banca dati degli
indicatori ambientali” dell’Istituto. Con l’EcoAtlante, basterà sovrapporre le mappe provenienti dai
diversi temi per creare una rappresentazione personalizzata e condividerla su siti, social, blog,
insomma, ovunque si voglia.
Fonte: ISPRA