Con la sentenza n. 4288 del 3 luglio 2020 i giudici del Consiglio di Stato hanno ribadito che il termine previsto dall’art. 141, comma 2, t.u. n. 267 del 2000 per l’approvazione del bilancio ha natura ordinatoria.
Peraltro i giudici di Palazzo Spada hanno spiegato che l’art. 141, comma 2, t.u. n. 267 del 2000 – applicabile in virtù del richiamo di cui al successivo art. 227, comma 2 bis – ha previsto che “… quando il Consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio”.
La norma è stata interpretata da una costante giurisprudenza del Consiglio di Stato nel senso di introdurre un termine acceleratorio, che non è “assistito da alcuna qualificazione di perentorietà” (Cons. St., sez. V, 25 ottobre 2017, n. 4917). É infatti perentorio solo il termine espressamente indicato come tale da una previsione normativa.
Come chiarito da Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2007, n. 826 la legge dunque non collega all’inosservanza del termine ordinario di cui all’art. 175, comma 3, alcuna immediata e concreta conseguenza dissolutoria, ma la semplice apertura di un procedimento sollecitatorio, che può bensì condurre all’adozione della grave misura dello scioglimento dell’organo, ma il cui presupposto non è la mera inosservanza del termine suddetto bensì la constata inadempienza ad una intimazione puntuale e ultimativa dell’organo competente, che attesta l’impossibilità, o la volontà del Consiglio di non approvare il bilancio.