“Questo è un governo di responsabilità garante della stabilità delle nostre instituzioni”, che nasce “nel quadro della maggioranza precedente. Per qualcuno è un limite. Io rivendico il grande lavoro fatto negli anni alle spalle. Ne sono orgoglioso e fa onore a questa maggioranza”. Così il neopremier Paolo Gentiloni durante il suo discorso alla Camera.
Sono bastate poco più ventiquattro ore, un mezzo giro di consultazioni di rito e le trattative al telefono per confermare quasi la stessa squadra. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha sciolto la riserva con la quale aveva accettato l’incarico conferitogli ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di formare il nuovo governo ed ha presentato la lista dei ministri del nuovo esecutivo che hanno giurato nel salone delle Feste del Quirinale nelle mani del Capo dello Stato. In tempi record, dunque, come era nelle intenzioni del presidente della Repubblica, soddisfatto per una “soluzione rapida e lineare” della crisi, nasce il governo Gentiloni. Diciotto i ministri con 5 new entry e la riconferma di tutti gli uscenti tranne il ministro Stefania Giannini e Maria Elena Boschi che diventa sottosegretario alla presidenza del consiglio. “Ci mettiamo subito al lavoro sui problemi del paese”, è la priorità del neo-premier che, dopo il giuramento al Quirinale, il tradizionale passaggio della campanella con Matteo Renzi e il primo Cdm a Palazzo Chigi, oggi chiederà la fiducia alle Camere per ottenerla entro mercoledì. E avrà numeri solidi a Montecitorio ma meno al Senato dove Verdini ha annunciato che farà mancare l’appoggio di Ala in assenza di una presenza al governo.
Cinque donne – oltre alle uscenti Madia, Lorenzin e Pinotti, entrano le senatrici Pd Anna Finocchiaro e Valeria Fedeli – 14 uomini con il trasloco di Alfano alla Farnesina e l’arrivo di Marco Minniti agli Interni comporranno l’esecutivo nato dopo le dimissioni di Matteo Renzi. E che, come annuncia Gentiloni, avrà come priorità il disagio sociale, l’occupazione al sud, per cui nasce un ministero ad hoc guidato da Claudio De Vincenti, l’innovazione e la ricostruzione del dopo-terremoto oltre al nodo banche. Ruolo solo di “facilitatore”, invece, chiarisce il neo-premier, rispetto alla ricerca di un’intesa tra i partiti sulla legge elettorale per la quale si spenderà soprattutto il neo-ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro.
Un esecutivo non di scopo ma con un’agenda chiara che si fonderà sulla stessa maggioranza di prima. E che, per stessa ammissione dei vertici Pd, non dovrebbe arrivare a fine legislatura. “Le elezioni sono un appuntamento imminente, è evidente che nell’arco dei prossimi mesi andremo alle elezioni politiche, che noi e gli altri più di noi in questi giorni hanno invocato”, ribadisce ancora Matteo Renzi chiamando il Pd al congresso anticipato e assicurando comunque “responsabilità verso il governo ed il paese”. Si chiama fuori, invece, Denis Verdini, che minaccia di non votare la fiducia perchè la presenza del viceministro Zanetti non è considerata adeguata al peso di Ala-Sc nella maggioranza. L’esclusione dei verdiniani dal governo appare una scelta consapevole di Gentiloni, che respinge il pressing che durava da giorni anche per evitare la protesta della minoranza dem. La quale comunque, mettono in chiaro Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza, pur votando la fiducia, deciderà come votare provvedimento per provvedimento. In realtà, sostengono altre fonti di maggioranza, per un esecutivo non destinato sulla carta a durare fino a fine legislatura, i numeri ‘stretti’ al Senato consentiranno alla maggioranza di decidere con più facilità se e quando staccare la spina.
Le opposizioni non aspettano neanche il battesimo del governo per far partire i tamburi della campagna elettorale. “Una fotocopia sbiadita del governo Renzi”, “un fortino assediato”, attaccano i partiti all’opposizione che mettono all’indice le riconferme degli uscenti e la presenza dei fedelissimi renziani, Luca Lotti, che diventa ministro allo Sport mantenendo la delega all’Editoria, e Maria Elena Boschi, che lascia le Riforme ma lavorerà al fianco del premier a Palazzo Chigi seguendo i dossier più caldi del governo. Renzi dal canto suo mantiene la promessa di lasciare con un sorriso alludendo al teso passaggio della campanella con Enrico Letta. “Buon lavoro”, augura a Gentiloni accompagnando al passaggio di consegne il dono della felpa di Amatrice regalatagli dal sindaco della cittadina colpita dal terremoto. E lascia Palazzo Chigi tra l’applauso dei fedelissimi affacciati dalla finestra nel cortile della sede del governo.