Il consumo di suolo del Belpaese è inarrestabile e si mangia nel 2018 51 km quadrati di territorio. In media 14 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo. Fenomeno deleterio che colpisce soprattutto le aree urbane, con il 50% di perdita di zone verdi (15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno densamente popolate). Una cementificazione selvaggia che si accanisce soprattutto sulle aree già molto compromesse (10 volte di più rispetto alle zone meno consumate), con conseguenze negative anche sul livello della colonnina di mercurio. La differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2 gradi. Dati allarmati contenuti nel Rapporto 2019 di Ispra (il centro studi del ministero dell’Ambiente) e del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), presentato al Senato.
Lo studio rivela anche un marcato distacco dagli obiettivi europei di azzeramento del consumo di suolo netto, ossia il bilancio tra la copertura del cemento e l’aumento di superfici naturali attraverso interventi di demolizione, deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione. E delinea nel dettaglio il quadro della situazione città per città. Con un incremento di superficie artificiale di quasi 75 ettari, Roma è il Comune italiano con la maggiore trasformazione, seguito da Verona (33 ettari), L’Aquila (29), Olbia (25), Foggia (23), Alessandria (21), Venezia (19) e Bari (18), tra i Comuni con popolazione maggiore di 50.000 abitanti. Mentre, tra i Comuni più piccoli, si distingue Nogarole Rocca, in provincia di Verona, che ha sfiorato i 45 ettari di incremento. Più della metà delle trasformazioni dell’ultimo anno si devono ai cantieri (2.846 ettari), in gran parte per la realizzazione di nuovi edifici e infrastrutture. Il Veneto è la regione con gli incrementi maggiori +923 ettari, seguita da Lombardia (+633 ettari), Puglia (+425 ettari), Emilia-Romagna (+381 ettari) e Sicilia (+302 ettari). Rapportato alla popolazione residente, il valore più alto si riscontra in Basilicata (+2,80 m2/ab), Abruzzo (+2,15 m2/ab), Friuli-Venezia Giulia (+1,96 m2/ab) e Veneto (+1,88 m2/ab). Il consumo di suolo – non necessariamente abusivo – cresce anche nelle aree protette (+108 ettari nell’ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (+673 ettari) e da frana (+350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (+1803 ettari).
Gravi e diffusi gli effetti negativi della crescente perdita di aree verdi a favore di quelle cementificate. Negli ultimi sei anni l’Italia ha cancellato superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio. Si è generata così l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde. Rilevante pure il danno economico potenziale, compreso tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno, dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici del suolo, cioè i benefici che le persone ricevono dagli ecosistemi (supporto alla vita vegetale e animale, produzione di biomassa e materie prime, regolazione dei cicli idrologico e bio-geochimico e depurazione, archivio storico-archeologico e paesaggistico). Inoltre, dal 2012 al 2018, le aree dove il livello di degrado è aumentato coprono 800 km2, quelle con forme di degrado più limitato 10.000 km2.
“I dati del Rapporto presentato oggi – ha dichiarato il Presidente ISPRA e SNPA, Stefano Laporta – confermano l’urgenza di definire al più presto un assetto normativo nazionale sul consumo di suolo, ormai non più differibile”. Gli ha fatto eco il Ministro Sergio Costa: “Intendiamo accelerare sui disegni di legge sul consumo del suolo. In queste ore ho fatto una riunione con le compagini di Governo per chiudere la quadra. C’è necessità della norma, stiamo viaggiando a ritmi di 4 metri quadrati al secondo di territorio cementificato. C’è poi il tema della desertificazione: è a rischio il 20% del territorio italiano. E’ il momento di farla questa legge. Come ministro posso fare il facilitatore della norma, visto che ogni volta siamo lì per arrivarci e poi non ci si arriva – ha aggiunto – Altra cosa che posso fare è il raccordo fra le norme regionali e quella nazionale. Infine ho aperto un tavolo di confronto per prendere le migliori idee dal territorio e poter arricchire la norma nazionale”.