Nel 2017 il valore aggiunto generato dall’economia ambientale, valutato ai prezzi base, è pari a 36 miliardi di euro (+0,9% rispetto al 2016), pesa per il 2,3% sul valore aggiunto complessivo ed equivale al 2,1% del PIL. Lo comunica Confartigianato analizzando i dati rilasciati per la prima volta dall’Istat sul settore dei beni e servizi. In particolare, il valore della produzione supera i 77 miliardi con un incremento dell’1,9% rispetto all’anno precedente. Di conseguenza, la green economy impiega 386 mila unità di lavoro a tempo pieno (+0,5% rispetto al 2016), tanto quanto occupa il settore dell’Ict (produzione di software, consulenza informatica, gestione hardware, configurazione di personal computer, elaborazione dati, gestione database, hosting e portali web). Secondo le stime di Confartigianato, sempre nel 2017, i due terzi (65,3%) del valore aggiunto dell’economia ambientale deriva dalla produzione di beni e servizi destinati alla gestione delle risorse naturali (ovvero riduzione del prelievo di risorse dall’ambiente e altre azioni per la conservazione e il mantenimento degli stock); tra queste prevale la gestione delle risorse energetiche che realizza il 60% del valore aggiunto, con un 47,2% del valore aggiunto derivante da produzione di energia da fonti rinnovabili – idroelettrico, solare, eolico, geotermico, biomasse, biocombustibili – e un 12,3% da risparmi nella gestione del calore/energia. Il restante terzo (34,7%) di valore aggiunto è relativo alle attività di protezione dell’ambiente e registra il maggiore apporto nella gestione rifiuti (19,7%). Seguono la gestione delle acque reflue con l’8,3% del valore aggiunto, protezione e risanamento del suolo, delle acque del sottosuolo e delle acque di superficie con il 4,0%, la protezione di aria e clima con l’1,9%. Guardando allo scenario internazionale, su dati 2016 emerge che la green economy pesa maggiormente in Finlandia, dove vale il 5,7% del PIL, in Estonia con il 4,6%, Austria con 3,8% e Danimarca con 3,3%. Il 2,1% del PIL dell’Italia sopravanza l’1,9% della Spagna, l’1,8% della Germania e l’1,4% del Regno Unito e della Francia. Da segnalare, inoltre, che la produzione di energia da rinnovabili nel nostro Paese vale 1 punto di PIL, il doppio rispetto allo 0,5% della media dell’Unione europea. Non a caso, l’Italia si colloca al terzo posto nell’Unione per il peso di questo segmento, dietro a Finlandia (1,3%) e Lettonia (1,1%); superando quello della Spagna (0,8% di PIL), della Germania (0,5%) e della Francia (0,2%). Complessivamente, nell’arco di un triennio il valore aggiunto dell’economia ambientale italiana è salito del 10,7%. Tra i settori green più rilevanti, figurano le acque reflue (+14,3%) e la produzione di energia da fonti rinnovabili (+12,2%) che coinvolge 99 mila imprese della filiera delle FER con 304 mila addetti; meno dinamica, invece, la gestione dei rifiuti (+5,8%).