Secondo il dossier di Legambiente “Abbatti l’abuso. I numeri delle (mancate) demolizioni nei Comuni italiani” a oggi è ancora in piedi oltre l’80% degli immobili identificati negli ultimi tre lustri. Il cemento non si ferma anche se magari viene su a ritmi meno evidenti rispetto al passato. Il nuovo abusivismo sembra essere realizzato in difformità dai permessi oppure è più nascosto, lascia le coste e si erge nell’entroterra, nei parchi e nelle aree agricole sperando di farla franca. Questa la denuncia dell’Associazione ambientalista che sottolinea come nel Belpaese di fatto non si demolisca acquisendo al patrimonio pubblico, come prevede la legge, appena il 3,2% di questi immobili. Il dossier di Legambiente, presentato il 22 settembre a Palermo contestualmente alle proposte normative rivolte al Parlamento – analizza il fenomeno a partire dalla distinzione tra la pesante eredità dei decenni passati e le forme attuali. L’indagine è stata realizzata a partire dai dati forniti da 1.804 comuni italiani (il 22,6% del totale), con un’analisi del fenomeno dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, fino ad oggi. Il quadro complessivo che emerge conferma inerzia di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. “E’ ora di chiudere questa pagina vergognosa della storia italiana che ha prodotto e alimentato illegalità e ha cambiato i connotati, devastandole, ad intere aree del Paese – ha detto il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani -. Sappiamo bene di essere di fronte a un fenomeno complesso, immerso in un pantano burocratico che si è allargato a dismisura con i tre condoni edilizi, che hanno puntualmente rilanciato nuove stagioni di abusivismo […]” “E’ oggi indispensabile mettere mano a questa materia, perché occorre riscattare interi territori e le loro comunità – ha continuato Ciafani – riportando legalità, sicurezza, bellezza, economia sana e turismo. E’ questo il senso nella nostra proposta al Parlamento per accelerare il ripristino della legalità, per rendere più rapido ed efficace l’iter, affidando allo Stato e ai prefetti la competenza sulle demolizioni degli abusi edilizi, oggi in mano ai Comuni troppo spesso vittima del ricatto elettorale”.
Intanto due mesi fa a Bari è stata avviata la sperimentazione della gestione telematica di dati e informazioni inerenti al fenomeno dell’abusivismo attraverso il Sistema informativo territoriale regionale. Una’iniziativa prevista dalla convenzione tra il Comune di Bari e la Regione Puglia per assicurare un’efficace quanto coordinata azione di controllo dell’abusivismo edilizio su tutto il territorio. “La convenzione siglata con Bari – ha detto l’assessore regionale alla Pianificazione territoriale, Alfonso Pisicchio – ci permetterà di monitorare e di prevenire costantemente il fenomeno dell’abusivismo edilizio con aggiornamenti e dati puntuali, elementi alla base di ogni forma di contrasto. Con questo strumento stiamo dando un importante supporto ai Comuni nell’esercizio dei poteri di vigilanza urbanistico-edilizia, allo scopo di assicurare l’ordinato assetto del territorio, la salvaguardia dei beni ambientali e paesaggistici e del patrimonio culturale”.
“Il protocollo d’intesa siglato il 27 luglio con l’assessore Pisicchio per l’informatizzazione dei dati sull’abusivismo serve sia a rendere più fluidi i procedimenti amministrativi, sia ad inserire dati rilevati nel sistema informativo territoriale – ha spiegato l’assessore comunale all’Urbanistica, Carla Tedesco -. Attraverso l’informatizzazione dei dati sarà più agevole per le amministrazioni locali non soltanto seguire i singoli procedimenti ma anche portare avanti iniziative di pianificazione e riqualificazione del territorio, che risultano tanto più efficaci e puntuali quanti più dati di dettaglio sono effettivamente disponibili”. “L’uso dei sistemi informativi territoriali è fondamentale per il governo del territorio – ha concluso Carla Tedesco – e lo strato conoscitivo che riguarda l’abusivismo è tanto più importante in una città, come la nostra, in cui il fenomeno è sensibilmente diffuso”.