Sullo spinoso tema delle agromafie, dei fitofarmaci e del caporalato torna il grido di Legambiente e l’invito a non sottovalutare i rischi per la salute. Il quadro della presenza in Italia di residui di pesticidi negli alimenti e nell’ambiente è stato messo in evidenza alcuni mesi fa dall’Associazione ambientalista con la pubblicazione del dossier annuale, “Stop ai pesticidi 2019”. Il documento evidenzia come la quantità di residui derivanti dall’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura, che i laboratori pubblici regionali hanno rintracciato in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati, resta di fatto assai elevata. Ma il vero problema è rappresentato dal multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di rimanenza non superi il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a discapito dell’organismo umano.
Il multiresiduo è più frequente del monoresiduo ed è stato rilevato nel 18% del totale dei campioni analizzati, rispetto al 15% dei campioni con una sola rimanenza. Insomma quella agricola è una filiera particolarmente colpita dalla criminalità ambientale, che controlla il settore dalla terra al piatto, come emerso anche nell’ultimo rapporto Ecomafia di Legambiente, in cui viene accertata un’impennata dei reati nelle filiere agroalimentari e una crescita annuale del 35,6% del fatturato incassato illegalmente nel settore: quasi su 1,4 miliardi di euro tra il 2018 e il 2017. In questo ambito lo scorso anno sono state 44.795 le infrazioni contestate nel campo della tutela del made in Italy agroalimentare: quasi 123 al giorno, seguite all’aumento dei controlli effettuati (+18,7%).
Legambiente, nel dossier “Stop Pesticidi 2019”, ha sottolineato anche la necessità di dare sempre maggiore sostegno alle iniziative volte al contrasto del caporalato e alla piena applicazione della nuova legge in materia. Da indagini condotte sul territorio italiano, si rileva come il fenomeno sia molto diffuso, così come sono importanti i rischi per la salute dei braccianti non regolarizzati derivanti dall’esposizione diretta ai pesticidi, in assenza dei più elementari dispositivi di protezione individuale, previsti dalla normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro, e dagli stessi obiettivi del Pan (Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) attualmente in fase di revisione. Obiettivi imprescindibili da raggiungere, perché dove non c’è rispetto del lavoro e della legalità non vi è neppure quello della salute dei cittadini e dell’ambiente.