I quattro mori come la estelada, la bandiera simbolo dell’indipendentismo catalano. I movimenti separatisti sardi scalpitano, tra viaggi a Barcellona e proclami politici. In questi giorni delegazioni di tutti i partiti e movimenti dell’isola hanno raggiunto i fratelli iberici, spiegando la loro presenza a Barcellona con il dovere politico di assistere la ‘lluita’ (lotta in catalano). E l’impressione è che abbiano visto nel referendum della regione spagnola il traino necessario per riportare nell’agenda della politica isolana s’indipendentzia.
La Sardegna come la Catalogna dunque. E il deputato sardo Mauro Pili, leader di Unidos, avvia il processo che nelle intenzioni dovrà portare al referendum sull’indipendenza della Sardegna. “E’ la pistola democratica nei confronti dello Stato. Se lo Stato continua a vedere nella Sardegna solo una grande colonia, noi chiederemo l’indipendenza“, sottolinea Pili in conferenza stampa a Montecitorio.
Il parlamentare ha depositato una proposta di legge costituzionale, che potrebbe essere discussa e votata solo nella prossima legislatura. “Ma noi puntiamo ad avviare un percorso. Se dovesse essere ammessa, trasformeremo la pdl costituzionale in proposta di legge di iniziativa popolare. Se invece Boldrini la dichiarasse inammissibile, si aprirebbe un contenzioso, un processo giudiziario internazionale, a cominciare dalla Corte di giustizia europea”.
Pili spiega di aver concordato “con le massime autorità catalane un percorso giudiziario condiviso. Loro porteranno davanti alla Corte l’eventuale dichiarazione di inammissibilità del referendum. Noi la lesione della possibilità per un rappresentate del parlamento di fare attività politica per nome e per conto dei suoi elettori”. Nei giorni scorsi Pili ha incontrato tra gli altri il leader catalano Jordi Cuixart, presidente dell’Omnium cultural, con l’obiettivo di portare avanti un percorso parallelo per l’autodeterminazione del popolo sardo e di quello catalano.
In questo il parlamentare è aiutato da un’iniziativa a suo tempo intrapresa da Francesco Cossiga. Il giudizio di inammissibilità da parte della Boldrini, spiega Pili, sarebbe “politico, personale e non istituzionale visto che il presidente del Senato ha già reso ammissibile una proposta analoga, con lo stesso identico titolo, ma soltanto riferita al Sud Tirolo. E quella proposta di legge porta la firma del presidente della repubblica, ed esimio costituzionalista, Francesco Cossiga. C’e’ dunque un precedente autorevolissimo di cui la Boldrini deve tenere conto”.
Con questa iniziativa, la Sardegna si mette in scia con i principali processi di indipendenza popolare, dal Kosovo alla Scozia. “La civiltà nuragica, la lingua, la condizione insulare. Tutto propende per il riconoscimento di stato autonomo indipendente– dice Pili- uno stato che paga le catene che l’Italia e l’Europa gli mettono senza compensarla in alcun modo”.
Ma di diverso avviso sono i leader dei principali movimenti indipendentisti isolani, che non riconoscono la proposta di Pili e che la bollano come “un modo per far parlare di sé”. Gavino Sale, leader del partito Irs – Indipendentzia Repubrica de Sardigna, si è detto sicuro che “tanto la bocceranno. Non condivido l’approccio di chi va a Roma a chiedere il permesso di fare l’indipendenza. Il padre del Diritto è la forza ed è quella che dovremmo sfidare”.
Con toni meno caustici ha parlato anche Franciscu Sedda, segretario del Partito dei Sardi, che alle regionali del 2014 hanno portato il 2,66% alla coalizione di centrosinistra che attualmente sostiene la giunta di Francesco Pigliaru: “Non credo che quella di Pili sia una buona strategia, anche se sono certo l’abbia fatto in buona fede”. Nei piani del Partito dei Sardi per il futuro dell’indipendentismo dell’isola c’è la riforma dello Statuto autonomo della Sardegna. “In questi giorni annunceremo la volontà di inserire nello statuto la volontà di inserire il diritto del popolo sardo di convocare un referendum per esprimersi sulla nostra indipendenza. Il processo di riaffermazione della libertà sarda non ha bisogno e non è giusto che passi dalla Costituzione italiana. Spetta a noi inscrivere nel nostro statuto gli strumenti necessari per raggiungere l’indipendenza”.