Un recente pronunciamento della magistratura contabile fa chiarezza sulla natura e i limiti di acquisizione delle email istituzionali. La questione era sorta a seguito di un’eccezione difensiva in un procedimento, che lamentava l’acquisizione “indiscriminata” da parte della polizia giudiziaria di caselle email di presunti responsabili, avvenuta senza il formale provvedimento di sequestro previsto dalla legge.
L’email d’ufficio sotto la lente della Costituzione
Nonostante la Procura sostenesse la legittimità dell’azione, appellandosi alla natura professionale dell’account e alla titolarità da parte dell’Amministrazione, il Collegio ha stabilito un punto fermo: la posta elettronica, in tutte le sue forme, rientra nella nozione di corrispondenza e, pertanto, è coperta dalla libertà e segretezza garantite dall’articolo 15 della Costituzione.
I giudici, richiamando la giurisprudenza costituzionale ed europea, hanno sottolineato che la corrispondenza abbraccia “ogni forma di comunicazione del pensiero umano” tra soggetti determinati, a prescindere dal mezzo tecnico utilizzato. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), infatti, non fa distinzioni tra posta privata e posta “aziendale”.
Non semplice documento, ma comunicazione riservata
La tesi secondo cui l’email istituzionale degraderebbe a “mero documento” per il solo fatto di essere di proprietà dell’ente è stata respinta. Sebbene l’account d’ufficio sia concesso per uso esclusivamente professionale e l’Amministrazione ne sia formalmente titolare, i messaggi mantengono comunque un legame inestricabile con la privacy e la segretezza dell’individuo che li utilizza.
Di conseguenza, anche l’email di servizio rientra nell’ampia espressione costituzionale di “altre forme di comunicazione”.
Acquisizione solo con garanzie legali
In sintesi, la sentenza afferma che la corrispondenza intercorsa tramite account istituzionale non può essere compressa o acquisita liberamente. L’accesso al suo contenuto, da parte dell’autorità giudiziaria, deve avvenire nel rispetto delle garanzie stabilite dalla legge (Art. 62 c.g.c., che richiama l’Art. 254 c.p.p.), le quali richiedono un atto motivato e impongono, tra l’altro, che la polizia giudiziaria delegata non possa conoscere direttamente il contenuto della corrispondenza sequestrata.
La pronuncia ribadisce la centralità della tutela della persona, stabilendo che la libertà di corrispondenza non può essere indebolita dalla natura “aziendale” o pubblica del mezzo di comunicazione.
Fonte: Ufficio Massimario della Corte dei Conti