Alla COP30 di Belém è stato presentato il
, la classifica elaborata da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute che valuta le politiche climatiche di 63 Paesi, più l’Unione Europea. A dieci anni dall’Accordo di Parigi emerge un quadro globale di progressi lenti e insufficienti, con l’Italia che continua a scivolare indietro.
Nel 2025 il nostro Paese si colloca al 46° posto, tre posizioni più in basso rispetto allo scorso anno e ben 17 rispetto al 2022. A pesare è soprattutto la politica climatica nazionale, giudicata fortemente inadeguata e classificata al 58° posto nella valutazione specifica. Secondo lo studio, l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima prevederebbe una riduzione delle emissioni al 2030 di appena il 44,3%, che salirebbe al 49,5% includendo gli assorbimenti naturali: obiettivi inferiori sia al 51% ipotizzato dal PNRR, sia al target europeo del 55%. Un ulteriore rallentamento confermato anche dal rapporto Ispra sullo stato dell’ambiente.
La classifica analizza oltre il 90% delle emissioni globali e si basa su quattro parametri: andamento delle emissioni (40%), sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica (40% complessivo) e politica climatica (20%). Come negli anni precedenti, nessun Paese ha raggiunto livelli sufficienti a occupare le prime tre posizioni, a dimostrazione dell’ancora debole capacità globale di contenere il riscaldamento entro 1,5°C.
Al vertice si conferma la Danimarca, al quarto posto, grazie alla forte riduzione delle emissioni e al boom delle rinnovabili offshore. Seguono il Regno Unito, sostenuto da una politica climatica più ambiziosa e dalla progressiva uscita dal carbone, e il Marocco, che avanza grazie a emissioni pro-capite molto basse e a investimenti nel trasporto pubblico. In fondo alla classifica si collocano i grandi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili: subito dopo la Russia, compaiono Stati Uniti, Iran e Arabia Saudita.
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