Si conferma la tendenza alla ripresa della spesa per il welfare locale dei Comuni, singolarmente o in forma associata. L’incremento è stato dello 0,2% rispetto al 2014, anno in cui si è registrata una crescita dello 0,8 dopo un triennio di flessione. Nel 2015 la spesa dei Comuni per i servizi sociali, al netto dei contributi degli utenti e del servizio sanitario nazionale, si è attestata, in volume, a circa 6 miliardi e 932 milioni di euro, corrispondenti allo 0,42% del Pil nazionale.
La spesa di cui ha beneficia mediamente un cittadino in un anno è stata pari a 114 euro a livello nazionale ed è rimasta invariata dal 2013 al 2015. Al Sud la spesa pro-capite è risultata decisamente inferiore rispetto al resto d’Italia: da 50 euro pro-capite si è passati a valori superiori ai 100 euro annui in tutte le altre ripartizioni, con un massimo di 166 euro per il Nord-est. Il 38,5% delle risorse è stato destinato alle famiglie con figli, il 25,4% ai disabili, il 18,9% agli anziani, il 7% al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale, il 4,2% agli immigrati e lo 0,4% alle dipendenze. Il rimanente 5,6% della spesa sociale dei Comuni è stato assorbito dai costi generali di organizzazione e per i servizi rivolti alla “multiutenza”.
Nell’ultimo decennio la spesa è aumentata del 20,7% e si è gradualmente modificata l’allocazione delle risorse tra le categorie dei beneficiari: è rimasta invariata la quota di spesa rivolta alle famiglie con figli; è aumentato il peso delle risorse destinate a disabilità e immigrazione; si è ridotto il peso dei servizi per gli anziani e, in piccola parte, quello dei servizi e dei contributi rivolti a povertà, disagio adulti e senza fissa dimora.