- Il 94% dei giovani di 25-34 anni usa regolarmente internet, contro il 57% degli over 55, i giovani non sono sedentari, 27% rispetto al 46% degli over 55, ma è diffusa l’abitudine al fumo, 27% contro il 14% degli over 55
- Il 57% dei giovani di 25-34 anni con bassa istruzione nel Mezzogiorno è a rischio povertà, rilevante l’impatto del titolo di studio sugli indicatori di benessere.
- Il 60% degli indicatori di benessere nel Nord e in Toscana supera la media, con picchi al 75% in Veneto, Bolzano e Trento, al Centro nella media, mentre nel Mezzogiorno meno della metà
- 1 donna su 3 di 25-34 anni è laureata, contro 1 giovane su 4. I percorsi di istruzione femminili si distinguono per migliori risultati, con meno abbandoni e competenze più elevate, ma restano ampi e diffusi gli svantaggi delle donne nel mercato del lavoro
È quanto emerge, in pillole, dal Rapporto “Benessere e diseguaglianze in Italia” realizzato dall’Istat, in occasione della 7° edizione del Forum on Well-Being organizzato da OCSE a Roma in collaborazione con ISTAT e MEF. La pubblicazione partendo dal progetto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), offre uno sguardo sulle disuguaglianze tra uomini e donne, generazioni, territori e gruppi di popolazione con diverso titolo di studio, con un approccio che tiene conto della combinazione di varie caratteristiche, per individuare i gruppi svantaggiati, dal punto di vista del benessere, nei vari ambiti della vita.
L’analisi degli indicatori del BES delinea un quadro delle disuguaglianze, evidenziando differenze significative tra regioni, uomini e donne, gruppi di popolazione con diverso titolo di studio e classe d’età. Le regioni del Nord presentano indicatori di benessere con valori migliori rispetto alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta situazioni di svantaggio, soprattutto nel lavoro e nelle relazioni sociali.
Dal punto di vista delle disuguaglianze di genere, notevoli sono stati i progressi in ambito educativo e culturale per le donne: 1 donna su 3, fra i 25-34 anni è laureata contro 1 su 4 tra gli uomini e i percorsi di istruzione femminili si distinguono per migliori risultati, con meno abbandoni e competenze più elevate. Nonostante questo le donne continuano a essere penalizzate nel mercato del lavoro, evidenziando un gap nei tassi di occupazione (56% rispetto al 76% degli uomini), nella presenza nelle posizioni di rappresentanza politica ai vertici delle istituzioni e nelle condizioni economiche. Tuttavia, il maggiore investimento femminile nell’istruzione costituisce un fattore di attenuamento della disparità, soprattutto se accompagnato da un ampliamento degli strumenti di sostegno alla conciliazione dei tempi di vita.
Il livello di istruzione si conferma cruciale per il benessere, la maggior parte degli indicatori presenta un forte gradiente per titolo di studio, a sottolineare la crescente associazione positiva con le misure di benessere all’aumentare del livello di istruzione. Le differenze sono marcate per la partecipazione culturale (65% tra i laureati di 25 anni rispetto al 12% tra le persone con 1 titolo di scuola secondaria inferiore) e la formazione continua (25% tra le persone di 25 anni con titolo di studio elevato rispetto al 3% delle persone con titolo di studio basso), con un impatto del titolo di studio posseduto anche sulle condizioni economiche e le possibilità di occupazione. Pertanto politiche educative orientate a migliorare l’accesso all’istruzione superiore e universitaria, nelle aree svantaggiate e per le fasce di popolazione vulnerabili, potranno costituire un fattore di crescita dell’equità del benessere.
Gli indicatori di benessere presentano un gradiente per età a vantaggio dei giovani: il 94% dei giovani di 25-34enni usa regolarmente internet, contro il 57% degli over 55 e, per quanto riguarda gli stili di vita, i giovani sono meno sedentari degli over 55 (27% contro 46%) anche se è più diffusa l’abitudine al fumo (27% contro il 14% degli ultra 55enni). Infine, le disuguaglianze intergenerazionali pongono i giovani adulti in una condizione di vulnerabilità economica, che potrebbe avere ripercussioni non solo a livello individuale, ma anche per la coesione sociale e lo sviluppo del Paese.
Per mettere in evidenza i gruppi di popolazione in condizioni critiche, l’analisi si concentra sull’intersezione tra più fattori, ad esempio emerge come la partecipazione culturale fuori casa tra le donne con titoli terziari residenti al Nord sia 8 volte più alta rispetto a quella delle donne con la licenza secondaria inferiore del Mezzogiorno. Un altro esempio della multidimensionalità dei fattori di diseguaglianza è quello derivante dal rischio di povertà che tra i 25-34enni residenti nel Mezzogiorno con basso titolo di studio è di 25 volte più alto di quello tra i residenti al Nord con alto titolo di studio (57% contro 2%).
Fonte: ISTAT