Pubblichiamo oggi il report dell’indagine condotta da Istat, in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità, in merito agli effetti della pandemia sul fenomeno della violenza di genere.
La pandemia Covid-19 e le misure adottate per il contenimento della sua diffusione (ad esempio il confinamento tra le mura domestiche), così come il dispiegarsi delle conseguenze socio-economiche della crisi innescata dall’emergenza sanitaria, possono aver accentuato il rischio di comportamenti violenti.
In questo report si fornisce una lettura della violenza di genere negli anni della pandemia, grazie all’utilizzo dei dati inediti provenienti dalla Rilevazione sulle utenti dei Centri antiviolenza (CAV), che l’Istat ha condotto per la prima volta nel 2020, dalle chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità istituito presso il Dipartimento per le pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio e dai dati su denunce alle Forze di Polizia e omicidi, di fonte Ministero dell’Interno.
Sono oltre 15 mila le donne che nel 2020 hanno iniziato il percorso personalizzato di uscita dalla violenza presso i Centri antiviolenza che aderiscono all’Intesa Stato Regioni. Più del 90% delle donne, circa 13.700, si è rivolta a un CAV per la prima volta proprio nel 2020.
Un aspetto importante emerso dal report dell’Istat riguarda la capacità dei CAV di rispondere alle richieste di aiuto delle donne in modo efficiente. Proprio nel mese di marzo 2020 si riscontrano le percentuali maggiori di erogazione dei servizi che caratterizzano la fase iniziale della presa in carico: al 12,6% delle donne è stato offerto il servizio di pronto intervento e messa in sicurezza, al 14,2% il percorso di allontanamento dalle situazioni della violenza e al 18% il sostegno per l’autonomia. Per rispondere ai bisogni delle donne, i servizi maggiormente offerti dai Centri nel 2020 sono stati l’ascolto (97,1%) e l’accoglienza (82,8%).
Sempre secondo il report dell’Istat, le misure restrittive alla mobilità, adottate per il contenimento della pandemia, hanno amplificato nelle donne la paura per la propria incolumità. Nei primi nove mesi del 2020 si è osservato, infatti, un aumento delle segnalazioni di violenza in cui la vittima si è sentita in pericolo di vita per sé o per i propri cari (3.583 contro 2.663 nel 2019). Al contrario, la riduzione delle restrizioni negli stessi mesi del 2021 ha portato a una diminuzione delle segnalazioni di violenza in cui la vittima percepiva pericolo imminente (2.457 nel 2021. Peraltro, la campagna di sensibilizzazione, messa in atto per non far sentire sole le donne vittime di violenza durante la pandemia, ha portato anche all’emersione nel corso del 2021 di violenze meno gravi rispetto a quelle intercettate dal 1522 nel 2020.
Il report evidenzia, inoltre, un forte calo delle denunce per maltrattamenti, stalking e violenza sessuale nei mesi del lockdown e un nuovo aumento nei mesi successivi. La diminuzione delle denunce di maltrattamento è soprattutto legata al maggiore controllo attuato da parte dei partner e dei familiari conviventi, conseguente al confinamento in casa. Diversamente la percentuale di omicidi è rimasta stabile, poiché le donne sono uccise sempre di più tra le mura domestiche, da partner e parenti e quindi non hanno tratto giovamento dall’indicazione di restare a casa.
L’Istat condurrà una nuova edizione dell’indagine sulla “sicurezza delle donne” nella primavera del 2022. Il monitoraggio continuo dell’evoluzione del fenomeno è un obiettivo prioritario dell’accordo tra il Dipartimento per le pari opportunità e l’Istat al fine di monitorare i diversi aspetti del fenomeno e combatterlo, in coerenza con gli obiettivi della Convenzione di Istambul.
Fonte: Dipartimento per le Pari Opportunità