In Italia un milione d’immobili potrebbero essere locati secondo la formula degli affitti brevi. Ciò genererebbe un guadagno per i proprietari di 1,8 miliardi e ricavi complessivi per l’economia italiana di oltre 4 miliardi. Lo sostiene uno studio di Halldis, società italiana che gestisce più di 1.850 proprietà in 25 località italiane ed europee. Un’eventualità su cui è focalizzata l’attenzione del legislatore che ha introdotto la cedolare secca al 21%, la cosiddetta ‘norma Airbnb’, che è un distributore, ma che riguarda l’intero settore delle locazioni, e quindi anche i gestori come Halldis.
Il fenomeno degli affitti brevi è in grande crescita per il concorso di due effetti. Da un lato, la crisi del settore immobiliare degli ultimi anni, che ha perso circa un quarto del suo valore, e l’aumento delle imposte sulla casa (Imu, Tari, Tasi), attualmente attestate intorno ai 25 miliardi di euro annui, hanno spinto molti proprietari a percorrere la strada dell’affitto breve in alternativa a quello tradizionale. Dall’altro lato, è in grande e costante aumento la domanda, sia turistica che business, di ricettività abitativa di breve termine (tecnicamente, compresa tra 3 giorni e 18 mesi), il cui successo è dimostrato dalla crescita spettacolare delle transazioni sui portali specializzati (tra i più importanti ricordiamo Airbnb, Booking.com, HomeAway).
Oggi sono 500.000 i proprietari che hanno trovato negli affitti brevi una soluzione alle sofferenze che tuttora affliggono il real estate nonostante qualche avvisaglia di risveglio. In Italia, oggi, su un totale di 34,4 milioni di abitazioni, quelle principali sono 19,8 milioni, le seconde case 5,7, quelle già locate 2,8 e quelle disponibili sul mercato 6 milioni. A ciò si aggiunga quella fetta di mercato immobiliare legato ai patrimoni rubricati nei cosiddetti crediti deteriorati (tecnicamente Npl-Non Performing Loans). Un fenomeno che la Banca d’Italia quantifica in circa 350 miliardi di euro e che rappresenta uno dei principali fenomeni sotto la lente di ingrandimento da parte delle Istituzioni di controllo delle Banche Italiane. Se solo una parte minima, il 15%, degli Npl, trovasse una soluzione di reddito attraverso il mercato dell’affitto a breve termine, si potrebbe tradurre in almeno altri 50-60 mila immobili potenzialmente da inserire nel settore degli affitti brevi, facendoli gestire da società specializzate di Property Manager come Halldis.
Sommando tutti questi dati e considerando il 20% del totale, è possibile ipotizzare che il mercato degli affitti brevi possa interessare almeno 1 milione di immobili, già operativi o che potrebbero diventarlo in tempi brevi, considerando le case disponibili, le seconde case utilizzate sempre meno dai proprietari per le loro vacanze e il mondo degli Npl. Se questo milione di case e proprietà fosse messo a reddito, si produrrebbero significativi ritorni per lo Stato, i proprietari e l’economia complessiva. Se, ad esempio, si applica come benchmark il fatto che l’erario prevede di incassare nel 2018 139 milioni di euro, è facile immaginare un ritorno ben maggiore. Se ci calcola un incasso medio annuo per i proprietari di 2.300 euro (dati Airbnb, una media che va da Milano a Siracusa, da Firenze a Savona), ipotizzando che siano messe a reddito 1 milione di unità, il guadagno per i proprietari sarebbe pari a 2,3 miliardi. Se si sottrae il corrispettivo del 21% della cedolare secca pari a 483 milioni di euro, ai proprietari rimarrebbero 1,8 miliardi di euro al netto delle imposte.