In una sola settimana, quella appena trascorsa, sono arrivate sulle nostre coste 22 navi, diventate 25 in poche ore. Imbarcazioni cariche di persone, 10.000 per essere esatti. Se poi andiamo con la mente ai mesi scorsi vediamo che sono stati complessivamente 85.000 gli arrivi, il 18,4% in più rispetto al 2015. A presentare dati e analisi del problema è stato il ministro dell’Interno Marco Minniti, nel corso dell’informativa urgente al Parlamento sulla gestione dei flussi migratori. I salvataggi sono stati effettuati a opera di diversi tipi di natanti, secondo le seguenti percentuali rilevate nei primi 6 mesi di quest’anno: 34% da navi appartenenti a Ong; 28% dalla Guardia costiera italiana; 9% dalla missione Sofia; 11% dalla missione Frontex; 7% da navi mercantili. Secondo le cifre fornite dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), inoltre, la Guardia costiera libica nelle proprie acque ha compiuto 10.000 salvataggi. In queste condizioni, in una zona del Mediterraneo in cui avvengono continui incidenti, vi è, senza dubbio, la necessità di un maggior coordinamento. Occorre “costruire insieme un codice di regolamentazione”, come peraltro prevede l’Action Plan della Commissione europea. “Serve – ha detto Minniti – anche un coordinamento con la polizia giudiziaria, in merito al traffico di esseri umani. Un Paese serio, infatti, deve saper coniugare le misure per la salvezza delle vite umane con quelle volte a garantire la sicurezza e combattendo i trafficanti”.
Gli interventi sulla rotta balcanica, e gli accodi con la Turchia, hanno permesso d’interrompere il flusso migratorio nell’area. Per quanto riguarda la rotta mediterranea, invece, è centrale la Libia, dalla quale arriva il 97% delle persone. Un Paese “fragile e instabile – ha commentato il ministro”. L’Unione europea ha deciso con l’Italia di rafforzare l’impegno politico ed economico in Libia e a Tripoli sarà costruito un centro di coordinamento per il soccorso marittimo. Ma, ha osservato Minniti, c’è un gap tra quanto fatto in passato nei Balcani e quanto si sta facendo oggi. “L’Italia – ha aggiunto il ministro dell’Interno – è crucialmente e strategicamente interessata alla stabilizzazione della Libia” poichè c’è una stretta relazione tra la situazione di quel Paese e le attività dei trafficanti senza scrupoli.
“A Parigi – ha detto – abbiamo fatto un primo importante passo, ma solo un primo passo, appunto”. La discussione è stata “complessa, ma importante” perché Italia, Francia, Germania, alla presenza del commissario Ue Avramopoulos, hanno presentato una posizione comune. Questo è importante anche per andare insieme domani al vertice di Tallin, perché lì “si gioca una partita cruciale”. Il 24 luglio si riunirà a Tunisi anche il Gruppo di contatto Ue e Africa settentrionale; a Tripoli, inoltre, l’Italia avrà un incontro con i Sindaci della Libia per discutere le strategie da attuare per combattere i trafficanti di essere umani, che attualmente rappresentano il principale canale economico libico.
La Commissione ha destinato 153 milioni per l’immigrazione, altri 200 milioni arriveranno nel 2018. Inoltre, è divenuto possibile «ragionare insieme sulla politica dei visti nei confronti dei Paesi sicuri». Si è deciso anche di aumentare la quota delle relocation nei confronti dell’Italia; le operazioni sono cresciute dalle 2.600 del 2016 alle 7.500 del 2017, alle quali se ne devono aggiungere ulteriori 405 in definizione. Ma il titolare dell’Interno chiede soprattutto l’impegno diretto dei singoli Paesi in quanto, una missione internazionale di salvataggio non avrebbe senso se poi l’accoglienza è da parte di un solo Paese. “Occorre tornare ad una parola che si chiama etica della responsabilità. L’Europa che non comprende questo è un’Europa che rischia di perdere un pezzo importante di se stessa”.
Le migrazioni rappresentano una vicenda epocale per la quale non ci sono formule magiche o risposte immediate, serve piuttosto una gestione coraggiosa, che non subisca e che sappia affrontare il fenomeno. Nel ribadire che è “del tutto infondata l’equazione tra terrorismo e immigrazione”, il ministro dell’Interno ha evidenziato la possibilità che vi possa essere invece un nesso tra terrorismo e mancata integrazione. “Se questo è il cuore – ha concluso il titolare dell’Interno – l’accoglienza ha un limite nella capacità d’integrazione, un limite non valicabile. Su questo mi sento personalmente impegnato”.