Il datore di lavoro che sospetti eventuali abusi riguardanti la legge 104 può assoldare un investigatore o effettuare controlli a mezzo di agenzie, per verificare se i permessi siano utilizzati per scopi diversi da quelli previsti dalla legge. Nel caso in cui dalle indagini emerga la fondatezza dell’abuso, ossia che il lavoratore stia utilizzando il permesso per attività diverse da quelle consentite, (come l’assistenza al parente disabile), le prove raccolte possono essere utilizzate a fondamento del licenziamento per giusta causa.
A tal proposito, la giurisprudenza ha evidenziato come l’utilizzo improprio dei permessi 104 (ad esempio per soddisfare interessi personali anziché assistere il parente disabile) rappresenti un abuso idoneo a ledere il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nonché un comportamento che viola i doveri imposti dalla convivenza sociale e che costringe l’intera collettività a sopportarne l’indebito costo, dunque rilevante in ambito penale.
La giurisprudenza si è più volte pronunciata sulla legittimità di una simile pratica (ossia assoldare un detective), stante quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori sul divieto di “spiare i dipendenti”. Sul punto, la Corte di Cassazione ha ribadito che non viola lo Statuto dei lavoratori il datore di lavoro che si serva di un investigatore per accertare l’abuso dei permessi ex lege 104/92, considerando dunque legittimo il controllo finalizzato ad accertare l’uso improprio dei permessi.
Infatti, rammenta la Corte, le agenzie investigative per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata dall’art. 3 dello Statuto direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, restando giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione.