Dopo i rilievi degli esperti anche il Consiglio di Stato ha criticato aspramente l’operato del Governo in merito alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e alle scelte intraprese nella realizzazione del nuovo CAD.
La sezione speciale consultiva del Consiglio di Stato, presieduta da Franco Frattini, Relatore Claudio Boccia, ha emesso il previsto Parere sul Codice dell’Amministrazione Digitale ed in particolare sullo Schema di decreto legislativo recante “modifiche e integrazioni al Codice dell’Amministrazione Digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle Amministrazione pubbliche”., presentato dal Governo il 20 gennaio scorso,
Il Parere presenta severe critiche al Governo sia nella tempistica non certa delle disposizioni ivi contenute che perfino nello stesso linguaggio normativo utilizzato.
Nel documento diffuso dal Consiglio di Stato si legge che “la Commissione speciale non può non sottolineare che il decreto legislativo dovrebbe assolvere in maniera più puntuale alla sua funzione di Codice dell’Amministrazione digitale, quale raccolta di norme disciplinanti tale branca del diritto, atteso che il medesimo è privo degli opportuni riferimenti alle discipline sostanziali dei vari procedimenti collegati alle disposizioni in esso contenute, quali ad esempio quelle relative al processo telematico, al diritto di accesso e alla trasparenza dell’azione amministrativa.” Mancano quindi riferimenti chiari: un lavoro che, tra le righe, è giudicato superficiale e apparentemente incompleto.
“Quanto al merito del provvedimento, la Commissione speciale osserva, in via preliminare, che la relazione predisposta dall’Amministrazione si è limitata a illustrare il contenuto delle singole disposizioni facenti parte della riforma in esame, senza approfondire sufficientemente le problematiche connesse con il contenuto di tali previsioni, il rapporto di queste ultime con la normativa di carattere nazionale e comunitaria e, infine, i possibili risvolti pratico-applicativi connessi con la concreta messa in opera della riforma di cui si converte.”
In pratica, sembra che il Codice di Amministrazione Digitale sia stato scritto senza tener conto della compatibilità con le norme esistenti, neppure quelle comunitarie.
In sostanza il Consiglio di Stato ha rilevato che finora si è spiegato il “cosa”, ma manca completamente il “come” ovvero la sostenibilità economica delle azioni insite nel Codice di Amministrazione Digitale.
Tra i punti più critici secondo Il Consiglio di Stato c’è lo SPID, sia per quanto riguarda la scelta di coloro che svolgono all’interno dello SPID il ruolo di identity provider, che per quello che riguarda l’utilizzo di questo strumento. Perplessità e critiche di Associazioni di categoria sul tetto di 5 milioni per e aziende che si vogliano accreditare come provider, confermate poi dalle sentenze di TAR e Consiglio di Stato erano già note del resto.
Le modifiche richieste dal Consiglio di Stato saranno effettuate? In che tempi? Al momento è ancora tutto poco chiaro per sbilanciarsi in previsioni: quel che è certo è che la digitalizzazione del Paese non si realizza a costo e zero e dovranno essere rispettati gli standard normativi dell’Unione Europea.