Durante i primi nove mesi di quest’anno le fonti rinnovabili non programmabili (eolico e solare) hanno coperto il 14% della domanda di energia elettrica nazionale. Un massimo storico registrato a fronte di un calo dei consumi di energia primaria (-2%) e delle emissioni di CO2 (-3%) rispetto allo stesso periodo del 2015, mentre la quota di energia elettrica prodotta da tutte le fonti green si conferma intorno al 41%. E’ quanto emerge dall’analisi del sistema trimestrale energetico italiano curata dall’Enea. L’analisi evidenzia una novità rilevante rispetto al trend degli ultimi anni, ovvero la diminuzione dei consumi e delle emissioni, pur in presenza di un lieve aumento del Pil. Si tratta di un’inversione di tendenza perché fino a oggi, l’Italia è stato il solo Paese, tra le maggiori economie Ue, nel quale un contributo significativo alla riduzione delle emissioni è venuto dalla crisi – ha spiegato Francesco Gracceva, dell’Unità Studi e Strategie Enea, responsabile del gruppo di ricerca che cura l’analisi. Con questo trend – ha aggiunto – a fine anno si stima una riduzione delle emissioni del 29% rispetto al 2005, in linea con gli obiettivi di riduzione fissati per il 2020 dalla SEN e con i target in discussione per il 2030”. L’analisi evidenzia, inoltre, che l’indice Ispred elaborato dall’Enea per misurare sicurezza energetica, prezzi e decarbonizzazione nel nostro Paese è migliorato, raggiungendo con lo 0,62 il massimo degli ultimi cinque anni. “Questo dato è però frutto di due andamenti contrapposti: da un lato la riduzione delle emissioni di CO2 e la conseguente decarbonizzazione del sistema, e dall’altro, il peggioramento dell’indicatore relativo ai prezzi”, sottolinea Gracceva. Sul fronte gas, i prezzi medi per i consumatori industriali segnano un tasso di riduzione del 9,5% a fronte di un calo del 17% della media dei principali paesi Ue, che implica dunque un peggioramento della posizione italiana. Inoltre, la forbice fra i prezzi italiani e quelli sul mercato di riferimento europeo (Ttf) resta molto elevata, 2euro/MWh, non giustificata dai costi del trasporto internazionale. Quanto ai prezzi dell’energia elettrica per le industrie, negli ultimi due trimestri 2016 sono aumentati del 3% circa rispetto al primo semestre, con un probabile ulteriore allargamento del gap tra Italia e resto d’Europa.