Un popolo variegato di associazioni, cooperative sociali, del mondo del volontariato dalla Lombardia alla Sicilia protagonisti della trasformazione da beni di cosa nostra ed esclusivi a beni comuni e condivisi. In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Sono 947 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni su 20, in più di 350 comuni. Più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (505) mentre le cooperative sociali sono 193 (con 5 cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e 16 consorzi di cooperative). Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 15 associazioni sportive dilettantistiche, 33 enti pubblici (tra cui aziende sanitarie, enti parco e consorzi di Comuni che offrono dei servizi di welfare sussidiario dati in gestione a soggetti del terzo settore), 40 associazioni temporanee di scopo o reti di associazioni, 58 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 26 fondazioni private e di comunità, 16 gruppi dello scautismo e infine 27 istituti scolastici di diverso ordine e grado. La regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è la Sicilia con 267 soggetti gestori, segue la Calabria con 148, la Lombardia con 141, la Campania 138. Libera con la ricerca “Fattiperbene” le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati vuole raccontare, dopo ventisei anni, una nuova Italia, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale. Nel 2016 anno della prima mappatura di Libera erano 524 soggetti del terzo settore che gestiscono beni, sono diventati 947 nel 2022 con un incremento del +81%. Incrementi maggiori si sono registrati in Puglia +108% e Lazio +82%. Da registrare la Sardegna che passata da 1 soggetto gestore del 2016 agli 8 di quest’anno.
Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Il 41% riguarda appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; il 21% ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale, palazzine; il 17% terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); il 12% locali commerciali o industriali, capannoni, magazzini, locali di deposito, negozio, bottega, uffici.
Libera per la prima volta ha monitorato le buone pratiche dei beni confiscati in Europa. Sono 7 Stati membri dell’Unione europea (Belgio, Bulgaria, Spagna, Romania, Francia, Paesi Bassi e – naturalmente – Italia) che hanno avviato esperienze di riuso sociale del beni confiscati alle mafie. In totale, sono 13 esperienze di riuso pubblico e sociale in tutta l’Unione europea, escludendo quelle italiane: tre in Spagna, due in Romania, due in Bulgaria, quattro in Belgio, una in Francia e Olanda. Tra le diverse pratiche di riuso incluse nella mappatura, la caratteristica comune è la finalità di inclusione, promozione cooperativa ed economia sociale, impegno giovanile, servizi alle persone, rigenerazione urbana e sostenibilità ambientale. A questi Paesi, si aggiunge anche l’Albania, con 6 esperienze di riutilizzo pubblico sociale, attivate grazie a finanziamenti internazionali e dell’Unione europea.
“Dal 7 marzo del 1996 – commenta Libera- la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali è diventata un’opportunità di impegno responsabile per il bene comune. La dimensione etica dei percorsi scaturiti dalle esperienze di riutilizzo per finalità sociali si trova, infatti, nella corresponsabilità che ha trasformato quei beni da esclusivi a beni comuni e condivisi. Raccontare quello che avviene ogni giorno sui beni confiscati alle mafie vuol dire raccontare il cambiamento che giorno dopo giorno si costruisce, con l’obiettivo di dare vita a nuove pratiche di economia e di sviluppo sostenibile“.
I dati dell’Agenzia
Complessivamente secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 25 febbraio 2022) sono 19.002 i beni immobili (particelle catastali) destinati ai sensi del Codice antimafia e sono invece in totale 22.238 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sono invece 1.649 le aziende destinate mentre sono 3449 quelle ancora in gestione. E nel periodo Covid aumentano i sequestri e le confische. Secondo i dati del Ministero dell’Interno dell’agosto 2021, stati 8.785 i sequestri (valore 1.905 milioni di euro) nel periodo agosto 2020-luglio 2021 +49% rispetto anno precedente (agosto 2019-luglio 2020) mentre le confische sono state 4.246 (valore 1.731 milioni di euro) con +136% rispetto anno precedente.
Inoltre, secondo la Relazione Ministero della Giustizia al 30 giugno 2021, i procedimenti relativi alle misure di prevenzione patrimoniali, inseriti in Banca dati centrale (Bdc) sin dal 1997, risultano essere 10.500, con un incremento di 498 unità rispetto ai 10.002 rilevati al 30 giugno 2020. I dati evidenziano la prevalenza di procedimenti iscritti da uffici appartenenti all’area meridionale cui – negli anni 2019/2021 – appare riconducibile il 44% dei 1.194 procedimenti rilevati a livello nazionale. Tale percentuale sale al 66%, ove si tenga conto anche dell’area insulare, cui contribuisce in materia determinante la Sicilia e, in particolare, il distretto di Palermo. Si noti, peraltro, come nell’ultimo triennio l’incidenza dell’area settentrionale sia decisamente aumentata, toccando il 25% (quando il dato storico dell’intera Bdc si ferma al 16%), e superando la percentuale dell’area delle Isole (al 21,6% nell’ultimo triennio).
Scendendo più nel dettaglio in merito alla distribuzione geografica degli uffici procedenti, può segnalarsi come nel triennio 2019-2021 siano stati iscritti 246 nuovi procedimenti in Sicilia, 218 in Calabria, 184 in Campania. Rilevanti anche le iscrizioni in Lombardia (115), in Puglia (86) ed in Piemonte (74). I distretti giudiziari di Reggio Calabria (166), Napoli (164) e Palermo (152) risultano quelli con il numero maggiore di nuovi procedimenti iscritti nel triennio. Nell’area centronord, invece, il maggior numero di iscrizioni si registra per i distretti di Milano (91), Torino (74), Bologna (55) e Roma (49).
Fonte: Libera