Continua lo scontro tra governo e sindaci sul decreto sicurezza. Se da un lato il vicepremier Matteo Salvini avverte che “è finita la pacchia” (innescando l’immediata reazione del Presidente dell’Anci), dall’altro il premier Giuseppe Conte fa sapere che “se l’Anci desidera un incontro per segnalare eventuali difficoltà applicative collegate alla legge sull’immigrazione e sulla sicurezza, ben venga la richiesta di un incontro con il Governo, al quale anche il presidente del Consiglio è disposto a partecipare insieme al ministro dell’Interno.
L’Anci con il presidente Antonio Decaro ha risposto nel frattempo alle accuse sulla “pacchia” dicendosi pronto a nome dell’Associazione a restituire le fasce tricolori. “Un incontro con il governo per discutere delle ricadute della legge Salvini sui territori che noi sindaci amministriamo è quello che chiedevamo dal principio. Siamo contenti che da Palazzo Chigi ci si pronunci a favore di questa soluzione. Ai colleghi sindaci che mi chiedono di convocare gli organismi dell’associazione per un confronto, ricordo che la discussione intorno a quella legge è stata già, nelle ultime occasioni, collegiale. E la posizione dell’Anci, emersa durante i lavori della commissione immigrazione – che come tutte le altre commissioni ha composizione trasversale – è stata poi discussa dagli organismi sia durante i lavori del comitato direttivo del 19 settembre, sia durante quelli del direttivo del 15 novembre 2018. Tuttavia non voglio alimentare alcuna polemica, soprattutto su temi delicati che riguardano le nostre comunità. E dunque farò convocare per il 10 gennaio una nuova riunione del comitato direttivo per discutere in modo franco e aperto, come nostro solito, di questo tema come delle criticità della legge di bilancio”.
Ma Salvini non arretra: “Con tutta la buona volontà, ma il decreto sicurezza lo abbiamo già discusso, limato per tre mesi e migliorato. Lo ha firmato il Presidente della Repubblica e adesso questi sindaci vorrebbero disattendere una legge dello Stato?”.
Mattarella il 4 ottobre ha firmato il decreto sicurezza accompagnando il provvedimento con una lettera – resa nota dal Quirinale – in cui si avvertiva “l’obbligo di sottolineare che, in materia”, “restano ‘fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato’, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo”.
Ha provato a minimizzare l’altro vicepremier Luigi Di Maio, che ha ridotto tutto a “solo una campagna elettorale da parte di sindaci che si devono sentire di sinistra”. Palazzo Chigi poi ha voluto chiarire alcuni aspetti particolari: secondo fonti interne sarebbero “inaccettabili le posizioni degli amministratori locali che hanno pubblicamente dichiarato che non intendono applicare una legge dello Stato. Il nostro ordinamento giuridico – hanno precisato le stesse fonti – non attribuisce ai sindaci il potere di operare un sindacato di costituzionalità delle leggi: disapplicare una legge che non piace equivale a violarla, con tutte le conseguenti responsabilità”.