Per questo l’UE raccomanda agli Stati membri di includere nei Piani di ripresa del Recovery Fund, misure di protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini (quali lo sviluppo e la gestione della rete Natura 2000, la conservazione e il ripristino di specie e habitat, il controllo delle specie esotiche invasive o la costruzione di infrastrutture blu). Le imprese italiane dell’economia del mare sono 199.177 nel 2018 (il 3,3% del totale complessivo) e danno lavoro a 885,2 mila persone (il 3,5% sul totale dell’occupazione del Paese). Più di 4 imprese della Blue Economy su 10 si occupano di servizi di alloggio e ristorazione, il 16,8% opera nella filiera ittica, il 15,2% nel settore delle attività sportive e ricreative, il 13,6% nella cantieristica, il 5,9% nella movimentazione merci e passeggeri via mare, il 3,8% nelle attività di ricerca e tutela ambiente (3,8%), lo 0,2% nell’industria delle estrazioni marine.
“Il mare è sempre stato una delle più grandi sfide dell’uomo, spazio da conquistare e nel contempo risorsa da tutelare e proteggere. Dalla risorsa mare l’uomo ricava costantemente alimenti, materie prime e anche energia”, sottolinea Giovanni Acampora, neo presidente dell’Assonautica Nazionale e presidente della Camera di commercio Frosinone-Latina – che aggiunge: “Così, il mare, presentandosi come un’importante leva sulla quale fondare parte dello sviluppo economico, deve stimolare un attento studio su tutte quelle attività che sono il frutto, o possono trovare giovamento, dalla presenza di questa risorsa”.