Il numero 40 ha un significato simbolico per gli U2. 40 è l’ultimo singolo dell’album War del 1983. Era la notte dell’ultimo giorno in cui la band aveva a disposizione la sala di incisione (da lì a poche ore avrebbe dovuto lasciare lo studio di registrazione) e alla band mancava ancora un pezzo per concludere l’album. Non era presente Adam Clayton, che era tornato a casa ore prima, e fu velocemente deciso di fare una canzone con solo basso (che fu suonato da The Edge) e con un testo preso “al volo”, la scelta ricadde sul salmo 40 della Bibbia che ben si conciliava nel progetto, in quanto risultava un pezzo spirituale in un album dal forte impatto politico. Spiritualità e politica: su queste infuocate tematiche è sbocciata la vena lirica di una delle band più popolari della storia del rock.
Per conoscere la loro storia un liceale degli anni ottanta, come il sottoscritto, non ha certo bisogno di andare su wikipedia: quattro ragazzi di belle speranze in una cucina ad Artane, un sobborgo di Dublino, decidono di dedicare anima e corpo alla musica. Il proprietario, un batterista, pochi giorni prima aveva messo un annuncio nella bacheca della Temple Mount School per formare una band. Era il 25 settembre 1976. Quel giorno, si ritrovarono insieme al padrone di casa Larry Mullen, Paul David Hewson, Adam Clayton e David Howell Evans. “Feedback” fu il nome scelto dalla band che poco dopo preferì chiamarsi The Hype. Poi, dopo che Evans era diventato “The Edge” e Paul Hewison Bono Vox, finalmente U2.
Più o meno in corrispondenza con il quarantennale del loro primo incontro, uscirà “Songs of Experience”, seguito ideale di quel “Songs of Innocence” che tante polemiche ha suscitato per la decisione di renderlo disponibile gratuitamente a 500 mila utenti di i-Tunes. E proprio per questo nuovo album, e in particolare per il singolo che lo anticiperà, Bono e compagni sono tornati a collaborare con Steve Lillywhite lo storico produttore dei primi album, “Boy”, “October”, “War”, figura chiave nella definizione del sound della band. A marzo 2017 partirà il nuovo tour mondiale.
E’ una storia lunga quella degli U2, un gruppo partito dal nulla, in un’Irlanda ancora straziata dai “troubles”, il conflitto tra lealisti e repubblicani, un Paese che allora poteva solo sognare il benessere raggiunto oggi. A rileggere oggi il percorso che ha portato quei quattro adolescenti riuniti in cucina a diventare icone globali emerge in modo ancora più chiaro come gli U2 siano stati capaci di seguire, assecondare e, talvolta, anticipare, l’evoluzione stessa del mondo. I loro esordi sono chiaramente legati a un’estetica Punk-New Wave e alla rabbia di un mondo ancora analogico.
La loro progressione creativa è impressionante e, di fatto, corre parallela all’evoluzione tecnologica della società globalizzata. “War”, “The Joshua Tree”, “Achtung Baby” sono tra gli album più belli degli ultimi decenni di rock, i loro set live, da classiche performance infuocate si sono via via evoluti in spettacolari kolossal tecnologici che hanno radicalmente cambiato i concetti di messa in scena dei concerti rock.