“Gli Elfi e gli Uomini sono infatti i Figli d’Ilùvatar; e poiché non compresero appieno quel tema attraverso il quale i Figli entrarono nella Musica, nessuno degli Ainur osò aggiungere alcunché al loro modo d’essere.
Secondo Tolkien gli Elfi sono di solito più alti degli Uomini ma anche meno robusti e dal corpo glabro: non hanno né barba né baffi. I lineamenti dolci e delicati, oltre allo sguardo acuto e penetrante, danno loro un’aria di incanto e di mistero. Sono dotati di una straordinaria destrezza e agilità; sono inoltre dotati dell’abilità di camminare con la massima leggerezza, senza lasciar tracce, perfino sulla neve fresca. Nonostante il loro aspetto aggraziato, possiedono una grande forza; sono infatti capaci di resistere alle temperature più estreme e sono immuni a tutte le malattie o a ogni forma di contagio.
Ora, grazie al nuovo libro di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli scopriamo che questi esseri mitologici sono tra di noi e vivono tra i folti boschi dell’Appennino pistoiese.
Si nascondono alla nostra vista, grazie ad una moltitudine di case sparse tra i fitti alberi che gremiscono la zona.
Questa comunità, però non è nuova, prende vita tra il finire degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 presso Pesale (nome elfico Gran Burrone), un paesino abbandonato dell’Appennino tosco- emiliano, ad ottocentottanta metri d’altezza, raggiungibile solo a piedi.
Un’iniziativa nata per volontà di un francese e di un italiano, che vollero proporre uno stile di vita alternativo alla società borghese dominante, corrosa dal capitale, riportando l’ago della storia alla pre-industrializzazione, tornando così ad uno stile di vita prettamente rurale.
Una comunità che, anche oggi, si fa portatrice della volontà di creare un sistema di convivenza basato sulla completa assenza di pregiudizi, sul rispetto reciproco e, di conseguenza, su ideali di fratellanza, solidarietà e cooperazione tra i membri, concetti chiave per la costruzione di un’esperienza collettiva fin dalle prime comuni ottocentesche.
Ora, dopo molto tempo, gli Elfi si sono diffusi in tutta la montagna, hanno riabitato le case abbandonate, da ruderi le hanno trasformate in case comode e confortevoli, consone al loro stile di vita: senza strada, elettricità, gas.
Per cucinare usano il fuoco a legna ed illuminano le case con i pannelli solari e le candele.
Vivono raccogliendo frutti ed erbe spontanee, coltivando ortaggi, cereali, castagne, olive e allevando alcuni capi di bestiame, il tutto esclusivamente per la loro sussistenza. I prodotti della terra e i raccolti vengono infatti ripartiti fra tutti i villaggi, in base alle necessità. Il lavoro è manuale e di gruppo.
C’è una cassa comune per soddisfare i bisogni complessivi di tutti i villaggi e l’istruzione avviene attraverso una scuola autogestita che si avvale anche della collaborazione di due insegnanti ausiliarie, esterne alla comunità.
L’ecovillaggio è quindi un laboratorio, un luogo di sperimentazione dove si privilegia il bene comune della comunità e gli elfi che ci vivono, rappresentano gli ‘ultimi romantici’ di una realtà altrimenti in abbandono.