L’estate è per definizione tempo di gialli, di misteri, di delitti, reali o immaginari che siano. Storie che si leggono volentieri sotto l’ombrellone, magari per procurarsi qualche brivido nonostante il solleone. E’ un gioco sottile che la nostra mente costruisce proprio quando stiamo vivendo momenti di relax e /o di piacere: avvertire il sapore dolce-amaro della paura e della suspense per contrasto, che ci faccia apprezzare ancor di più la condizione di serenità in cui siamo immersi, consapevoli però che si tratta di mera simulazione e non di dura realtà. Chi se la sentirebbe altrimenti di gustare la descrizione di un delitto efferato compiuto da uno spietato serial-killer, oppure il racconto di una rischiosa operazione di spionaggio dietro le linee nemiche, se non si trattasse di un’effimera fantasia, pronta a svanire appena si deponga il libro sulla sdraio o sfilino sullo schermo i titoli di coda di un film di genere?
A volte, tuttavia, la fiction racconta fatti veri, magari interpretandoli. E le vicende di spionaggio si prestano particolarmente ad allietare gli afosi meriggi estivi, a trasmettere emozioni senza far correre rischi. Questa volta, entrati ormai nel cuore della stagione secca (non piove da parecchio e la canicola picchia duro), vogliamo raccontarvi una storia vera (ce la ricorda un articolo di Domenico Vecchioni, diplomatico e autore di numerosi saggi), ancor più intrigante e suggestiva della trama di un thriller: la doppia vita di Aldrich Hazen Ames.
Nato nel Wisconsin, il nostro personaggio è reclutato giovanissimo dalla CIA nel 1962, poco più che ventenne. Segue le orme del padre che pure era stato agente operativo della ‘Fattoria’ in alcuni paesi dell’Estremo Oriente, in particolare in Birmania. Dopo sette anni d’intensa ‘gavetta’, fatta di dure esercitazioni e d’intensa formazione, viene inviato in Turchia per la sua prima missione. Deve cercare di assoldare gli agenti sovietici operanti in quel teatro. Non se la caverà male. Rientrato a Langley, grazie ai risultati conseguiti sul campo, viene assegnato proprio al Dipartimento anti-sovietico. Entra così in contatto con importanti informatori come Alexandr Ogorodnik (funzionario del Ministero degli Esteri) o Arkady Chevtchenko (vice rappresentante dell’URSS all’ONU). Ha successo anche in questa missione. Segue un incarico in Messico e poi, tornato a Washington, diviene capo della sezione Cecoslovacchia, membro del gruppo incaricato dell’analisi permanente dell’URSS, capo del gruppo di lavoro sul KGB. Insomma, una fulgida carriera all’interno della Central Intelligence Agency come esperto di Paesi comunisti. Lentamente, subdolamente, però, la doppia personalità comincia a prendere corpo nelle pieghe della sua psiche. La causa scatenante è l’amore. Meglio, il cocktail micidiale di passione e lussuria, shakerati non mescolati, come diceva James Bond. In Messico, in effetti, Aldrich conosce e sposa una bellissima ed esuberante colombiana, Rosario Casas. La giovane moglie aspira a un lussuoso tenore di vita che certo Ames non può soddisfare soltanto col suo stipendio di agente operativo. Comincia allora a fare debiti, accumula creditori di vario genere. L’alcol gli annebbia spesso la mente. In altre parole, entra in un tunnel oscuro dal quale pensa di poter uscire – non volendo perdere la moglie della quale è innamoratissimo –avviando un rischioso doppio gioco alla disperata ricerca del denaro che gli manca. In virtù del suo ruolo, non gli è difficile frequentare l’ambasciata sovietica a Washington, dove però, invece di reperire notizie per l’Agenzia, comincia a vendere a caro prezzo la preziosa documentazione riservata di cui viene regolarmente in possesso. La continua emorragia di notizie top secret costa molto cara alla CIA e al Governo americano. Mosca riesce a sventare un centinaio di operazioni mettendo fuori uso almeno 30 fonti utilizzate dai servizi segreti occidentali. Si ritiene in particolare che Ames (nel frattempo diventato molto ricco) abbia fornito i nomi di diversi agenti americani attivi nel territorio sovietico; rivelato dettagli sulla localizzazione di tunnel utilizzati dagli per spiare elettronicamente le istallazioni satellitari sovietiche; rivelato le caratteristiche della tecnologia americana in grado di controllare il numero delle testate atomiche contenute nei missili intercontinentali sovietici. Insomma informazioni di eccezionale valore per l’URSS, che fruttano a Ames – tra diamanti e denaro liquido – circa 4 milioni di dollari. Il doppio gioco va avanti per un certo tempo. Per troppo tempo, causando troppi danni all’intelligence e alla sicurezza nazionale USA. Ma, pian piano cominciano a montare i sospetti all’interno dell’Agenzia. Alcuni funzionari si accorgono dell’elevato tenore di vita della coppia Ames, mentre altri non sanno spiegare l’eliminazione di molti agenti Oltrecortina.
Finalmente, Ames viene messo sotto discreta osservazione. Con la scusa di periodiche verifiche di routine, il doppiogiochista viene sottoposto all’esame della macchina della verità. Nessun esito, Ames riesce a ingannare il poligrafo, ma l’inchiesta va avanti lo stesso. A dannarlo sarà una banale ricerca nel suo cestino dei rifiuti in ufficio. Un frammento di carta incredibilmente non distrutto porta sulle tracce del traditore che a Caracas doveva incontrare il suo ‘corrispondente russo’. L’FBI, inoltre, gli scopre un conto bancario in Svizzera, zeppo di ingenti fondi apparentemente non giustificabili. E’ la fine per Aldrich Hazen Ames. Arrestato nel 1994 insieme alla consorte, viene immediatamente processato. Essendo responsabile della morte degli agenti venduti ai sovietici – è condannato all’ergastolo. Evita la pena capitale solo perché rende piena confessione. L’avvenente moglie, invece, sconterà 5 anni di reclusione per complicità. Nel 1998 il caso è ripreso in un film TV di successo – Aldrich Ames, Traitor within, con Timothy Hutton. Attualmente Ames è detenuto nel Federal Correctional Institute di Allenwood in Pennsylvania.