Il mondo anglosassone è da sempre terrorizzato dal fuoco, forse perché legno e altri materiali infiammabili sono largamente utilizzati nella costruzione degli edifici e delle case, oppure perché le leggende recepite dalla letteratura gotica abbondano di fiamme sulfuree, come quelle che incenerivano i corpi maledetti delle streghe, mentre le loro anime nere varcavano le porte infuocate dell’inferno. Venendo all’oggi, affiorano subito alla mente le immagini delle palazzine con le scale di sicurezza poste all’esterno del frontespizio che affollano le vie di New York, soprattutto nella zona del Greenwich Village e di Tribeca e Soho. Ma anche L’Inghilterra e Londra temono gli incendi come fossero il tocco sinistro di Satana che minaccia il genere umano. Nonostante le misure di sicurezza sempre più stringenti e accorte e i lunghi periodi di tranquillità, la paura del fuoco riemerge rapsodicamente come un fiume carsico a causa di drammatici eventi. Non ultimo il rogo delle Grenfell Tower, nei pressi di Notting Hill, che ha messo a lutto la capitale britannica, forse la metropoli più globale del pianeta (per ora 17 morti accertati). Questa tragedia, tuttavia, ha precedenti rimasti impressi nella memoria collettiva della città di ben altra proporzione e ricaduta, come il Grande incendio del 1666. Forse una delle più gravi calamità vissute da Londra. Distrusse 13.200 abitazioni, 87 chiese parrocchiali, 6 cappelle, 44 Company Hall, la Royal Exchange, la dogana, la Cattedrale di Saint Paul, la Guildhall, il Bridewell Palace e altre prigioni cittadine, la Session House, quattro ponti sul Tamigi e sul Fleet, e tre porte della città. Il numero di vite perse nell’incendio non è conosciuto, anche se tradizionalmente viene ritenuto abbastanza ridotto. L’incendio scoppiò di domenica mattina, il 2 settembre 1666. Da notare che il numero “666” è il simbolo della Grande Bestia. Il rogo Iniziò in Pudding Lane, nella casa di Thomas Farrinor (scritto anche Farriner, Fraynor, Farryner, o Farynor), un fornaio del re Carlo II. Nel giro di un’ora, il Sindaco di Londra, Sir Thomas Bloodworth, venne svegliato dalla notizia. Non ne fu comunque impressionato, dichiarando che: “Una donna potrebbe estinguerlo con una pisciata”. Parecchi edifici di Londra all’epoca erano costruiti con materiali combustibili, ma ben resistenti al fuoco, come il legno strutturale, a cui però venivano accostati altri materiali altamente combustibili, come la paglia. Le scintille che partivano dal negozio del fornaio ricaddero sulle costruzioni adiacenti. Spinto da un fortissimo vento, una volta innescato, l’incendio cominciò a diffondersi. Ma la diffusione del fuoco fu aiutata fondamentalmente dal fatto che gli edifici erano costruiti troppo vicini l’uno all’altro, con solo stretti vicoli tra loro. E’ duopo ricordare, inoltre, che nel 1666 Londra stava appena riprendendosi dalla peggiore pestilenza della sua storia (dopo quella del 1349-1350). Anche questo influì in maniera negativa sul propagarsi dell’incendio. Molte case erano sfitte, o perché i suoi abitanti erano morti o perché si erano trasferiti altrove per cercare riparo dall’epidemia. Così, pochi abitanti si preoccuparono immediatamente di spegnere le fiamme in quelle case vuote e sfitte. La procedura standard all’epoca per fermare la diffusione del fuoco si basava sulla prassi di abbattere le case sulla strada delle fiamme, creando così “fasce tagliafuoco”, con l’intento di privare l’incendio di combustibile. Il progresso del fuoco forse avrebbe potuto essere frenato, ma ciò non fu possibile per la condotta del Lord Mayor, titubante nel dare gli ordini di buttare giù alcune case, preoccupato dei costi di ricostruzione. Il Sindaco fece la scelta sbagliata, di affidare il compito di spegnere le fiamme a squadre di emergenza al soldo di alcuni uomini benestanti di Londra. Costoro possedevano molte proprietà nella città ed erano disposti a chiudere un occhio per far divampare le fiamme verso i magazzini e le proprietà di altri nobili loro concorrenti. Le squadre furono inviate a demolire le case, ma spesso le macerie erano troppe voluminose per essere sgomberate prima dell’arrivo del fuoco e, anzi, per lo più facilitarono la sua diffusione. Di conseguenza, il fuoco divampò incontrollato per altri tre giorni, fino a quando si fermò vicino alla Chiesa del Tempio (Temple Church). Poi, improvvisamente si riattizzò, proseguendo verso Westminster. Il duca di York (poi re Giacomo II), ebbe la presenza di spirito di ordinare la demolizione della Biblioteca (Paper House) per bloccare le fiamme… il fuoco, infine, si spense.
L’unico effetto positivo del Grande Incendio di Londra fu che il flagello della peste si attenuò notevolmente, a causa della morte in massa dei ratti portatori dell’infezione. Speriamo che la Storia ci insegni qualcosa.