Un minore non accompagnato che diventa maggiorenne nel corso della procedura di asilo conserva il suo diritto al ricongiungimento familiare. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea analizzando il caso di un minore non accompagnato di origine eritrea arrivato nei Paesi Bassi.
La domanda, però, sottolineano gli stessi giudici, deve essere presentata entro un tempo ragionevole, in linea di principio tre mesi a partire dal giorno in cui gli viene riconosciuto lo status di rifugiato. La Corte Ue si è pronunciata in merito al caso di una ragazzina eritrea, che ha fatto domanda di asilo in Olanda a febbraio 2014 ed è diventata maggiorenne il giugno successivo, ottenendo l’asilo a ottobre e facendo domanda di ricongiungimento familiare a dicembre. Il 23 dicembre 2014, un’organizzazione olandese che si occupa dei rifugiati (la VluchtelingenWerk Midden-Nederland) ha presentato una domanda di permesso di soggiorno temporaneo per i genitori dell’interessato, nonché per i suoi tre fratelli minorenni, a fini di ricongiungimento familiare con minore non accompagnato. Con decisione del 27 maggio 2015, il Segretario di Stato ha respinto tale domanda affermando che, alla data di presentazione della stessa, il minore era maggiorenne.
I genitori hanno contestato il rigetto, ritenendo che a essere decisiva al fine di stabilire se una persona possa essere qualificata come «minore non accompagnato» ai sensi della direttiva dell’Unione relativa al ricongiungimento familiare sia la data di ingresso nello Stato membro in questione.
Secondo i giudici di Lussemburgo, i rifugiati minori non accompagnati dispongono di un diritto al ricongiungimento che “non è sottoposto a un margine di discrezionalità da parte degli stati membri”. Inoltre “far dipendere il diritto al ricongiungimento familiare dal momento in cui l’autorità nazionale competente adotta formalmente la decisione con cui si riconosce lo status di rifugiato alla persona interessata e, dunque, dalla maggiore o minore celerità nel trattamento della domanda di protezione internazionale da parte di tale autorità comprometterebbe l’effetto utile del diritto al ricongiungimento”. Al contrario, “far riferimento alla data di presentazione della domanda di protezione internazionale consente di garantire un trattamento identico e prevedibile a tutti i richiedenti che si trovano cronologicamente nella stessa situazione”. Tuttavia, conclude la Corte, “la domanda di ricongiungimento familiare deve essere presentata entro un termine ragionevole, ossia in linea di principio tre mesi a decorrere dal giorno in cui al minore interessato è stato riconosciuto lo status di rifugiato”.