Malattie ed epidemie hanno storicamente danneggiato i sistemi economici e produttivi minando la qualità della vita delle popolazioni coinvolte. Si pensi, ad esempio, alla Peste Nera che, a partire dal 1343, colpì l’Europa uccidendo almeno un terzo degli abitanti del continente e provocando verosimilmente quasi 20 milioni di vittime. Un evento così terribile non stupisce più di tanto in un’epoca come quella medievale, segnata da superstizioni oscurantiste e da scarse quanto approssimative conoscenze scientifiche, nonché da un livello basso di sviluppo delle forze produttive. Chi avrebbe immaginato, invece, che nel Terzo Millennio, era caratterizzata dalla supremazia della scienza e della tecnica, sarebbe apparsa una pandemia in grado di mettere in crisi la globalizzazione e causare una recessione così grave in tutti i Paesi? Recessione che si presenta ancor più pesante per il nostro Paese, come si evince dai dati divulgati da un autorevole ente del calibro dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB).
Per l’Italia “si prefigura per la prima metà dell’anno un calo dell’attività economica d’intensità eccezionale, mai registrato nella storia della Repubblica: nell’insieme dei primi due trimestri 2020 il Pil si ridurrebbe cumulativamente di circa quindici punti percentuali”. E’ la stima dell’UPB nella nota congiunturale di aprile. “Nell’ipotesi di un regresso dell’epidemia l’attività tornerebbe a espandersi nel trimestre estivo – prosegue la nota – Serve “massima cautela” nella valutazione delle stime che risentono di un’incertezza estremamente elevata – poi aggiunge – Si stima, per la sola parte relativa alle richieste CIG, che il numero complessivo di ore autorizzate possa essere ampiamente superiore, anche triplo, rispetto ai valori massimi storicamente osservati su base mensile dalla crisi finanziaria del 2009″.
Uno scenario indubbiamente inquietante che ha trovato eco anche nelle parole del premier Giuseppe Conte pronunciate ieri davanti alle Camere durante le sue articolate relazioni: “Questa emergenza sta incidendo sulle fasce più fragili della popolazione e rischia di creare nuove povertà. Non possiamo ignorare questo fenomeno che rischia di lacerare un tessuto sociale già provato dalla bassa dinamica della crescita, dalla persistenza di ampie diseguaglianze sociali accentuate nell’ultimo decennio. Abbiamo compiuto alcuni primi passi, siamo peraltro consapevoli che tra una previsione normativa e la sua attuazione pratica occorre anche del tempio, anzi mi permetto con tutto il dovuto rispetto di sollecitare le Regioni che non hanno ancora fatto pervenire i flussi di farli pervenire quanto prima altrimenti non sarà possibile erogare la Cassa integrazione in deroga, come sapete, perché occorrono questi flussi. Abbiamo – dicevo – compiuto, alcuni primi passi anche per venire incontro alle urgenze dei cittadini che versano in condizioni di maggiore difficoltà. A tal proposito, lo ricorderete, con il dPCM firmato il 28 marzo il Governo ha anticipato ai Comuni una quota del 66% delle erogazioni previste dal Fondo di solidarietà comunale, pari a 4,3 miliardi di euro, che sono stati ovviamente girati ai Comuni e che potranno essere utilizzati a ulteriore garanzia della piena funzionalità dei servizi pubblici erogati. Inoltre, con un’ordinanza della Protezione Civile del 29 marzo 2020, sono stati anticipati 400 milioni di euro sempre ai Comuni per consentire loro di distribuire aiuti alimentari ai cittadini più bisognosi, sotto forma di buoni spesa o, in alternativa, di generi alimentari e di prima necessità direttamente consegnati”.