Arriva il parere “favorevole” del Consiglio di Stato alla riforma del pubblico impiego targata Madia, ma il sì è accompagnato da “osservazioni e raccomandazioni”. Fermo restando “l’apprezzamento generale” sarebbe stato “auspicabile un intervento ancor più organico e completo”, proprio perché ci sono “spiccati caratteri di innovatività”. Completezza necessaria a “non dar luogo a possibili difetti di coordinamento normativo” col rischio di “ostacolare il raggiungimento delle finalità perseguite”.
Il Consiglio di Stato nel suo parere sottolinea che si supera anche “una annosa querelle” sul diverso trattamento tra Pa e privati per quanto riguarda le tutele dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in caso di licenziamento illegittimo. Con la riforma del pubblico impiego il Governo “nel consolidare a livello normativo il principio della cosiddetta tutela reale” ha recepito gli ultimi orientamenti giurisprudenziali, escludendo “l’applicazione delle regole del lavoro privato a quello pubblico per quanto attiene alla disciplina del licenziamento”. Per gli statali resta dunque il ‘vecchio’ articolo 18.
Nella nota di Palazzo Spada si apprezza “la particolare attenzione … nel perseguire i fondamentali obiettivi della riforma”, “finalizzati alla creazione di un apparato professionale qualificato ed adeguato, regolato dal merito e orientato al servizio, capace di interagire fattivamente con le esigenze dell’utenza, secondo una logica operativa di progressiva sostituzione dell”l’amministrazione per atti’ con ‘l’amministrazione di risultato’, dell’esercizio di un potere con l’erogazione di un servizio”. La riforma – secondo il parere – considera “l’utenza … come l’effettivo destinatario di ogni cambiamento e come titolare principale di un potere di controllo diffuso sul funzionamento della pubblica amministrazione”.
Ci sono però rilievi generali, come la mancata attuazione di alcune parti della delega ad esempio in materia di prove concorsuali che privilegino i casi pratici. Si chiede poi “l’esigenza di una ulteriore valorizzazione del titolo di dottore di ricerca” e si sottolinea “l’importanza di un adeguato monitoraggio sul funzionamento della riforma”, insieme al limitato investimento finanziario che l’accompagna.
Un “punto fondamentale” del disegno riformatore è indicato nel “superamento della tradizionale determinazione del fabbisogno delle amministrazioni ancorata alla dotazione organica e l’introduzione di un piano del fabbisogno effettivo del personale”. Quanto al lavoro flessibile, però, il Consiglio di Stato suggerisce l’introduzione di eventuali misure “sanzionatorie effettive, proporzionate e dissuasive” a fronte di un illegittimo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato che, surrettiziamente, mascherino un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Accetta la deroga al concorso pubblico per la stabilizzazione dei precari, vista la situazione eccezionale, ma “raccomanda di puntualizzare e precisare le fattispecie di illeciti che conducono al licenziamento disciplinare e che sembrano maggiormente generiche”. Esprime “rilevanti perplessità” su “l’eliminazione totale di termini perentori” per portare a compimento l’azione disciplinare nella Pa, che come sanzione massima prevede il licenziamento: così facendo si espone “il dipendente al rischio di un esercizio dell’azione disciplinare arbitrario o addirittura ritorsivo”. Ecco che si suggerisce di fissare almeno inizio e fine dell’azione, come nel caso dei cosiddetti furbetti del cartellino. Pollice in su, infine, per le novità sulle visite fiscali.