In tema di salute, assistenza e previdenza le famiglie italiane sono vulnerabili, incerte nella gestione della non autosufficienza e consapevoli di dover ricorrere a risorse proprie. A conferma di questo stato d’animo, il 45% considera prioritario il potenziamento dei servizi domiciliari, partendo dal presupposto che la casa sia il miglior posto dove curarsi, il 58,7% chiede l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico ed il 49% dichiara di occuparsi personalmente, caregiver, di un parente non autosufficiente, in aggiunta al ruolo della badante. È quanto emerge dal 1° Paper del Rapporto 2024 Family (Net)Work- Laboratorio su casa, Famiglia e lavoro domestico «Dove sta andando il welfare? Salute, assistenza e previdenza nelle attese delle famiglie» realizzato dal Censis e promosso da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, che comprende un’indagine realizzata su un campione di 2.400 famiglie datrici di lavoro domestico.
La necessità di intervenire sulla spesa pubblica, il mutamento dei bisogni sociali e l’evoluzione demografica hanno messo in affanno il sistema, lasciando aperte questioni che sono diventate emergenze. In particolare, se nel 2020 è stato riservato alla spesa sanitaria pubblica il 7,4% del Pil, nel 2026 si prevede che sarà il 6%; le strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive sono 12.576, con un’offerta di 414.000 posti letto (7 ogni 1.000 abitanti), la disponibilità più alta è al Nord-Est con 1.000 posti letto ogni 100.000 abitanti. Se oggi gli over 65 sono il 24% della popolazione, nel 1961 erano il 9%, e il 63,5% le persone in età lavorativa (dai 15 ai 64 anni), nel 1961 erano il 66% e nel 2050 si prevede che gli anziani saranno il 34,5% e i 15-64enni saranno meno del 55%; inoltre 6,8 milioni di pensioni sono sotto i 1.000 euro mensili.
Guardando ai bisogni di assistenza in una prospettiva a lungo termine, il 59% delle famiglie considera prioritaria l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico. Per il 46% è necessario attivare servizi di assistenza domiciliare a supporto dei non autosufficienti, per il 18% semplificare le procedure per accedere ai servizi di assistenza (valutazione della non autosufficienza) e per il 15% sostenere il ruolo di chi in famiglia si fa carico dell’assistenza di un familiare. Non a caso, il 49% dichiara di occuparsi personalmente (caregiver) di un parente non autosufficiente, una figura non alternativa alla badante, ma integrativa. Per il 42% l’aspetto più critico dell’assistenza è la fatica fisica e lo stress che deriva dal far fronte ai numerosi bisogni della persona assistita, importanti anche i condizionamenti della quotidianità, spesso assorbita in maniera assoluta dalle cure all’assistito e la rinuncia a una vita relazionale e autonoma (24%). Il 16% sottolinea, invece, la mancanza di un riconoscimento del ruolo del caregiver da parte delle istituzioni e la mancanza di un compenso economico del lavoro svolto; l’8% è la quota di chi ha dovuto abbandonare o trascurare il lavoro o l’attività da cui discende il reddito del caregiver. Il 6,7% è preoccupato di poter arrecare danno all’assistito, non avendo le competenze necessarie agli interventi che è chiamato a fare. Il 40,7% delle famiglie non giudica sicuro il proprio livello di risorse economiche e teme che le disponibilità in termini di reddito, patrimonio e risparmi non siano sufficienti nel caso di imprevisti; insicuro il 12% che sa che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in difficoltà.
Nel bilancio fra fattori di protezione, welfare pubblico, coperture assicurative, altre forme di autotutela di cui si dispone e fattori di rischio futuri, è l’inabilità e la non autosufficienza a raccogliere il maggior grado di rilevanza (64,6%). Le malattie e la necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie occupano il 2° posto nella scala del rischio (51%), mentre la diminuzione dei redditi e del tenore di vita negli anni della vecchiaia preoccupa il 35%. A seguire, la morte di chi è il principale portatore di reddito in famiglia rappresenta, il 4° fattore di rischio più temuto, al quale si aggiunge la perdita del lavoro, la disoccupazione e la conseguente riduzione del reddito.
“In questo quadro, dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, la gestione del rapporto domestico si è trasformata nel dispositivo di protezione sociale più diffuso a carico delle famiglie in rapporto alla condizione della non autosufficienza, anche se contribuisce ad alimentare lo stato di incertezza delle famiglie, che chiedono interventi mirati come la totale deduzione del costo del lavoro domestico. Il nostro auspicio è che, dopo i segnali che abbiamo letto nella riforma della non autosufficienza, il Governo recepisca l’appello e lo traduca in atti concreti universali».
Fonte: Censis