Il programma di osservazione europea Copernicus ha rilevato che il mese di settembre 2020 è stato il più caldo mai registrato in tutto il mondo. Nonostante i lockdown diffusi, inoltre, le concentrazioni globali di CO2 hanno ufficialmente superato la soglia di 410 ppm. A rischio, dunque, la salute delle persone, tanto che il paper Valuing the Global Mortality Consequences of Climate Change Accounting for Adaptation Costs and Benefits, pubblicato ad agosto dal National Bureau of Economic Research, stima che le vittime legate all’aumento delle temperature globali arriveranno a eclissare l’attuale numero di morti per tutte le malattie infettive combinate del pianeta, se non si adotteranno misure per invertire la rotta. Mentre secondo il Climate Risk Index di Germanwatch, tra il 1999 e il 2018 l’Italia ha registrato complessivamente 19.947 morti riconducibili agli eventi meteorologici estremi e perdite economiche quantificate in 32,92 miliardi di dollari.
“Nel Rapporto 2020 di CittàClima abbiamo tracciato un bilancio degli ultimi dieci anni con numeri e una mappa aggiornata degli impatti nel territorio italiano – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – L’intento è quello di far capire come serva un cambio delle politiche di fronte a fenomeni di questa portata. L’Italia è oggi l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima, per cui continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione. Dal 2013 il nostro Paese ha speso una media di 1,9 miliardi l’anno per riparare ai danni e soltanto 330 milioni per la prevenzione: un rapporto di 6 a 1 che è la ragione dei danni che vediamo nel territorio italiano – osserva ancora Zanchini – Il Recovery plan deve contenere la risposta a queste sfide, con risorse per l’adattamento e un cambio della governance che oggi non funziona. Del resto, oggi sappiamo che cosa dobbiamo fare, come raccontiamo con decine di buone pratiche nel rapporto, e abbiamo tutte le informazioni e gli strumenti per analizzare le aree coinvolte dai fenomeni, per comprenderne le possibili cause antropiche, le scelte insediative, i fenomeni di abusivismo edilizio che ne aggravano gli impatti e individuare efficaci strategie di contrasto e adattamento”.
Fonte: Legambiente