«Forte promozione della collaborazione gestionale fra Comuni». È quanto sottolineato, ieri, in Audizione dalla Conferenza delle Regioni in Commissione Affari costituzionali della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali. La delegazione delle Regioni era composta da Aldo Reschigna, Coordinatore vicario della Commissione Affari istituzionali della Conferenza delle Regioni (Vice Presidente della regione Piemonte) e Sonia Palmeri, Assessore Lavoro e risorse della regione Campania. La Conferenza delle Regioni ha sottolineato la difficoltà nella gestione contabile delle forme associate, nel raccordo con i bilanci dei comuni aderenti. In particolare le funzioni fondamentali non hanno ancora un’articolazione delle funzioni in servizi e non sono riconducibili ai programmi del bilancio armonizzato. La normativa, sottolinea la Conferenza delle Regioni, pertanto condiziona le potenzialità di intervento del legislatore regionale, in quanto la ricerca di sinergie fra enti minori ed enti più strutturati resta affidata alla sola libera iniziativa degli amministratori locali. Mentre un ruolo più incisivo della Regione nell’imporre la collaborazione fra enti di piccole e medie dimensioni potrebbe meglio rispondere alle peculiari condizioni economiche, sociali e geomorfologiche del territorio. «Ciò – spiega la Conferenza delle Regioni – è ancora più evidente nelle Regioni dove è alto il numero dei comuni sotto la soglia dei 5000 abitanti. Una logica di adempimento formale all’obbligo imposto impedisce il conseguimento degli obiettivi di ottimizzazione della gestione. Inoltre le continue proroghe alla scadenza dei termini hanno favorito la piena autonomia dei comuni nella scelta dei due strumenti associativi (unione, convenzione), comportando una notevole eterogeneità e frammentazione delle strutture aggregative presenti sul territorio». «Ma al fine di agevolare l’avvio di collaborazioni effettive fra i comuni molte Regioni hanno rimodulato il limite demografico minimo delle unioni e delle convenzioni stabilito dal Dl 78/2010, disciplinando le deroghe all’obbligo di gestione associata – aggiunge – L’obiettivo è quello di massimizzare la gestione di funzioni e servizi, che non può essere realizzato senza il coinvolgimento delle Regioni in un ruolo attivo di disciplina normativa e di supporto ai comuni».
«È quindi auspicabile un intervento sull’attuale disciplina statale delle forme associative, imperniata sui due strumenti dell’unione e della convenzione, per consentire alle Regioni di utilizzare questi modelli in coerenza con le politiche regionali di promozione dell’associazionismo, necessariamente diversificate da Regione a Regione in relazione ai differenti contesti territoriali, socioeconomici e istituzionali – sottolinea la Conferenza delle Regioni – È opportuno pensare anche ad altri strumenti, quali incentivi di natura fiscale». «È necessario l’intervento del legislatore nazionale al fine di attribuire alle Regioni un ruolo centrale nel governo dei processi associativi dei comuni affinché abbiano la possibilità di imporre o meno ai comuni, con tempi certi e non derogabili, l’obbligo di aggregazione per la gestione delle funzioni fondamentali e dei servizi», aggiunge. «È inoltre una scelta compatibile con il vigente dettato costituzionale e coerente con il ruolo che la riforma costituzionale attribuisce alle Regioni a statuto ordinario nei rapporti con i comuni e i futuri enti di area vasta – conclude la Conferenza delle Regioni -. Infine è possibile raccordare il ruolo delle Regioni con i compiti che la legge Delrio riconosce alle Città metropolitane di indirizzo nei confronti dei comuni e delle unioni del territorio metropolitano per l’esercizio delle funzioni, attraverso forme di collaborazione istituzionale fra le Regioni e le Città metropolitane».