L’art. 37, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, anche prima della sua novella ad opera dell’art. 17, l. 7 agosto 2015, n. 124, che ne ha reso più esplicito il principio, ha autorizzato le pubbliche amministrazioni a qualificare nei propri concorsi la conoscenza dell’informatica (come pure quella della lingua straniera) indifferentemente come elemento di valutazione al pari delle altre materie di esame ovvero come requisito di partecipazione alla procedura concorsuale; ove l’amministrazione abbia optato per la seconda soluzione, la previsione di esclusione del candidato dalla procedura selettiva è di fatto implicita (essendone in pratica coessenziale) nella qualificazione della conoscenza dell’informatica quale requisito di ammissione alla procedura stessa, il cui accertamento non dà luogo a punteggio ma a giudizio di idoneità; ciò che equivale a dire che chi non è giudicato idoneo, per mancanza di tale conoscenza, per ciò solo deve essere escluso dalla procedura di selezione.
Ha affermato la Sezione che non è peraltro illegittima la scelta dell’amministrazione di riscontrare l’effettiva conoscenza degli strumenti informatici – al pari di quella della lingua inglese – in occasione e durante la fase di prova orale, da cui poi la ulteriore conseguenza di un’eventuale esclusione del candidato risultato privo di detta conoscenza all’esito di questa stessa prova; ha aggiunto che trattandosi di un requisito di qualificazione e non di materia di esame, è possibile non predeterminare i ‘quesiti’ da porre ai candidati (così come al contrario previsto, invece, per le vere e proprie prove d’esame.