L’abusivismo edilizio si conferma una delle piaghe incancrenite del Belpaese. La pesante recessione di questi anni ha aggravato il fenomeno. Nel 2008 si costruivano 8 abitazioni su 100 senza permesso e nel 2015 sono salite a 20 con effetti nefasti sull’ambiente, accrescendo i rischi sismici e idrogeologici, accompagnati da ingenti perdite per le casse dello Stato e degli enti locali. Tutto ciò, nonostante l’abusivismo edilizio sia un reato penale che prevede la reclusione fino a due anni e ammende da 10mila euro fino a 30mila nel caso di aree sottoposte a vincoli. Ma c’è sempre la prescrizione che scatta dopo 5 anni dal momento della commissione dell’illecito.
Nonostante tre condoni per legge dal 1985 a oggi, sconti fiscali e incentivi, nonchè semplificazioni burocratiche, l’abusivismo continua a prosperare. Forse perchè si rischia poco (Legambiente ha certificato che su oltre mezzo milione di ordinanze di demolizione ne sono state effettuate appena il 10%) e si può risparmiare molto. Costruire un’abitazione di 100 metri quadrati su terreno di proprietà costa mediamente 155mila euro. Nel caso di realizzazione abusiva si scende fino a 65mila euro. Quali le cause e le dinamiche del fenomeno? In una certa misura c’entra indubbiamente la burocrazia e i relativi costi da sostenere se si vuole essere in regola. La vecchia concessione edilizia è andata in soffitta da oltre 10 anni, sostituita dal permesso a costruire. Per ottenerlo servono diversi documenti (con significative differenze da Comune a Comune). La dotazione minima richiede: visure catastali, progetto, relazione geologica e architettonica sui materiali, autocertificazione norme sanitarie, calcolo strutturale dell’edificio (dal 2008 con la legge sismica), certificazione assenza vincoli paesaggistici e idrogeologici. Inoltre, bisogna versare al Comune gli oneri di urbanizzazione (in media 1.200-1.500 euro) e gli oneri di costruzione (5/6mila euro). Per realizzare il progetto e la direzione lavori da affidare a un tecnico si deve calcolare un 6% del valore. In compenso si può usufruire degli incentivi fiscali con sconti fino al tetto di 96mila euro.
Con l’opera abusiva, invece, consente di abbattere i costi e di annullare tempi e incombenze burocratiche. Oltre ai risparmi sugli oneri comunali, non occorrono neanche il progetto e il direttore lavori e nemmeno tutte le certificazioni. I risparmi, apparenti, si estendono a materiali e dotazioni di sicurezza. Nella fase del cantiere è molto probabile che le norme sulla sicurezza non siano rispettate, con relativi rischi per gli operai che lavorano. La casa abusiva inoltre viene realizzata in piena evasione fiscale. Il costo della costruzione non viene fatturato, così il committente non paga l’Iva e l’impresa nasconde ricavi al fisco. Di contro, l’abitazione abusiva non potrebbe godere delle utenze come energia elettrica e acqua, per le quali è richiesta la regolarità urbanistica con la copia del permesso a costruire. Ma dopo aver violato leggi urbanistiche e norme sulla sicurezza, e sfidato il codice penale, un allaccio abusivo a luce e acqua è l’ultimo dei pensieri. In altre parole, violare la legge può senz’altro produrre vantaggi per i singoli trasgressori, ma cagione inevitabilmente un grave vulnus al bene comune e all’ambiente. Uno studio del Cresme sui condoni edilizi, ad esempio, dimostra come negli ultimi 20 anni gli enti locali abbiano incassato circa 4 miliardi di euro, ma ne abbiano spesi più del doppio (8,7 miliardi) per gli oneri di urbanizzazione (strade, fognature, ecc.). Come se non bastasse, dopo l’ultimo condono del 2003, sempre il Cresme ha censito quasi 260 mila nuove case abusive per un giro d’affari illegale che Legambiente ha calcolato in oltre 18 miliardi di euro.