Continua a creare polemiche la proposta di legge che prevede la fusione obbligatorio per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Ad alzare la voce, questa volta, è l’Associazione Nazionale Città del Vino, che mette in rete 430 municipi a vocazione vitivinicola. I sindaci che ne fanno parte si mobilitano contro il disegno di legge sulla fusione dei Comuni sotto i 5mila abitanti. I primi cittadini chiedono un incontro urgente con il ministro Alfano per nuove norme che rafforzino, anziché indebolirle, le tante identità dell’Italia dei territori “minori”. Se venisse approvato il disegno di legge che prevede la fusione dei centri sotto i 5mila abitanti (n. 3420 del 16/1/2016) “tanti piccoli paesi, fortemente identitari – spiegano in una nota congiunta – si vedrebbero riassorbiti in entità amministrative più grandi, più larghe, anonime, disomogenee, perdendo quelle funzioni di governo di prossimità, mirate e competenti, finora al servizio del cittadino e delle imprese”.
A parere dei sindaci aderenti alla associazione, la fusione obbligatoria dei Comuni sotto i 5mila abitanti metterebbe in allarme anche tutto il sistema delle denominazioni di origine Doc, Dop, Docg e Igp, legate per fama nazionale e internazionale al nome di tanti piccoli Comuni italiani.Queste e altre considerazioni hanno animato il dibattito tra i sindaci durante l’ultima Convention in Costiera Amalfitana (a inizio maggio), da cui esce adesso un documento interno che l’Associazione sta inviando a tutti i primi cittadini per formulare una nuova proposta di legge che vada nella direzione opposta a quella depositata in parlamento. Si tratta cioè non di fondere e cancellare i piccoli Comuni, ma di rafforzarli in rete con misure ad hoc come la compartecipazione efficiente dei servizi, la gestione associata di risorse straordinarie per obiettivi e progetti comuni e altre misure.
Città del Vino sta inoltrando a tutti gli enti locali associati un ordine del giorno per sottoporre il tema e le contromisure da prendere, anche all’attenzione dei Comuni più grandi chiamati a sostenere i più piccoli. “Le fusioni devono essere un atto volontario delle comunità che intendono unirsi e non una misura imposta dall’alto – afferma il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon – La fusione dei Comuni, quando non scelta consapevolmente dalle comunità locali, rischia di far perdere importanza, diritti e servizi. Inoltre un provvedimento che obbliga i Comuni a fondersi avrebbe anche buone probabilità d’essere giudicato incostituzionale. Per sostenere i piccoli Comuni e il loro rafforzamento- conclude Zambon – abbiamo già chiesto un incontro al ministro degli Interni Angelino Alfano insieme alle Città dell’Olio e ai Comuni Bandiera Arancione”.
La revisione dei confini comunali avrebbe un’immediata ricaduta anche sulle denominazioni di origine dei vini e su altre produzioni agroalimentari a marchio Dop e Igp, mettendo a rischio la tenuta formale dei disciplinari di produzione. Basti pensare alle grandi denominazioni di origine che ricadono su piccoli territori e che portano il nome di tanti Comuni, la cui qualità ha reso questi prodotti famosi nel mondo. Come dovremmo chiamare i vini più famosi d’Italia? Barolo di Barolo (739 abitanti) o della “frazione” di Barolo? Morellino di Scansano (4.500 persone) o della “località” Scansano? E il Barbaresco (670 abitanti)? Il Greco di Tufo (934)? L’Aleatico di Gradoli (1.479)? I vini della Costa d’Amalfi con le sottozone – oppure sottofrazioni o circoscrizioni? – di Furore, Ravello e Tramonti? Nell’ordine: 837; 2.500 e 4.147 abitanti. Salva per ora Montalcino, che con 5.139 abitanti potrà conservare il titolo di Comune.