“Noi riconosciamo l’importanza del lavoro delle forze dell’ordine nel garantire la sicurezza delle persone, ma gli sforzi per indebolire i livelli di crittografia rischiano di esporre i dati delle persone ad abusi di criminali informatici, hacker e regimi disonesti”. Con queste parole Jan Koum, CEO di WhatsApp, ha annunciato ai suoi utenti che la multinazionale intende adottare nuovi sistemi di scurezza e ha poi aggiunto: “I messaggi che invii in questa chat e le chiamate sono ora protetti con la crittografia end-to-end”. Grazie alla crittografia “end-to-end”, adesso qualunque chiamata, messaggio o file inviato tramite l’app sarà visibile solo all’effettivo destinatario o destinatari. Perché ciò accada, però, è necessario che entrambi gli utenti di una conversazione o tutti gli utenti di una chat di gruppo abbiano effettuato l’aggiornamento più recente. Come spiega Whatsapp sul suo blog, “quando invii un messaggio, l’unico che può leggerlo è la persona o il gruppo al quale l’hai mandato. Nessun altro. Né cybercriminali, né hacker, né regimi oppressivi. Nemmeno noi”.
A riprova di ciò, cliccando sul messaggio sulla sicurezza si può accedere a una nuova finestra di dialogo in cui viene ribadito il nuovo livello di crittografia e vengono offerte tre opzioni: “Conferma”, “Ok”, “Per saperne di più”. Cliccando su “Conferma”, si viene reindirizzati a una schermata che mostra un QR Code e un numero di 60 cifre, entrambi codici univoci visibili solo agli utenti di quella specifica conversazione. Lo stesso risultato è visibile nella sezione ‘info contatto’ o ‘info gruppo’.
La crittografia “end-to-end” mira a offrire maggiore sicurezza agli utenti, ma rappresenta una tutela per Whatsapp stesso. Col nuovo aggiornamento, nemmeno gli ingegneri dell’app potranno accedere ai codici per decriptare le conversazioni. L’app di proprietà di Zuckemberg, quindi, guarda anche alla salvaguardia del proprio team dopo la recente disputa tra l’FBI e Apple e l’arresto del Ceo di Facebook Brasile. In entrambi i casi, i colossi del digitale si erano opposti alle richieste delle forze dell’ordine di decriptare le chiavi di accesso.