In merito alla Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, la Corte di Giustizia dell’Unione ha sentenziato che la disposizione ai sensi della quale le informazioni sulla titolarità effettiva delle società costituite nel territorio degli Stati membri sono accessibili in ogni caso al pubblico è invalida.
Nella sentenza, la Corte, riunita in Grande Sezione, dichiara l’invalidità, alla luce della Carta, della disposizione della direttiva antiriciclaggio ai sensi della quale gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite nel loro territorio siano accessibili in ogni caso al pubblico.
Secondo la Corte, l’accesso del pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva costituisce una grave ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, rispettivamente sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta. Infatti, le informazioni divulgate consentono a un numero potenzialmente illimitato di persone di informarsi sulla situazione materiale e finanziaria del titolare effettivo.
Se da una parte la Corte rileva che, il legislatore dell’Unione mira a prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, istituendo, mediante una maggiore trasparenza, un ambiente meno suscettibile di essere utilizzato a tali fini, la Corte giudica, d’altra parte, che l’ingerenza risultante da siffatta misura non è né limitata allo stretto necessario né proporzionata all’obiettivo perseguito.
La Corte aggiunge che le disposizioni facoltative che consentono agli Stati membri di subordinare la messa a disposizione delle informazioni sulla titolarità effettiva ad una registrazione online e di prevedere talune deroghe all’accesso del pubblico a tali informazioni, non sono, di per sé, idonee a dimostrare né una ponderazione equilibrata dei corrispondenti interessi in discussione nè l’esistenza di sufficienti garanzie che consentano alle persone interessate di tutelare efficacemente i loro dati personali contro i rischi di abusi.
Fonte: Corte di Giustizia dell’Unione Europea