I conflitti del nostro tempo si giocano su diversi fronti e in modalità inedite. Il Cyber spazio, l’universo della comunicazione, rappresentano uno dei campi di battaglia privilegiati. Chi vince la guerra in Rete ha una chance in più di vincerla sul terreno. Ecco perché i Governi si sforzano di rafforzare le difese informatiche e di potenziare le proprie capacità offensive. Non a caso, gli hacker più abili e aggressivi vengono reclutati dai servizi di intelligence di tutto il mondo. E L’Italia come se la cava in questo campo? Un’autorevole risposta la fornisce Leo Taddeo, ex capo della Special Operations/Cyber Division dell’Fbi, per anni rappresentante a Roma dell’Ufficio di investigazione federale americano, ora passato al settore privato.
“L’Italia è esposta al pericolo di attacchi digitali, tanto nel settore privato, quanto in quello pubblico, e ha bisogno di fare di più per proteggersi- commenta in un’intervista al quotidiano La Stampa – Dovrebbe creare una autorità nazionale basata a Palazzo Chigi, per coordinare le difese di tutte le agenzie coinvolte – e aggiunge – Tutti i Paesi che possiedono importanti proprietà intellettuali sono ad alto rischio. La Cina è molto attiva nel raccogliere informazioni che possano aiutare le proprie aziende. Poi bisogna proteggere i segreti militari e governativi. La Russia lavora molto in questo settore, soprattutto per le sanzioni economiche e l’attività diplomatica dei Paesi occidentali. Abbiamo visto, inoltre , cosa è stata capace di fare la Corea del Nord con l’attacco alla Sony. Oltre agli attori statali, ci sono poi i criminali che cercano informazioni per fare soldi. I gruppi terroristici non hanno ancora dimostrato capacità per attaccare infrastrutture critiche tipo energia e acqua, ma stanno cercando di ottenerle”. Secondo Taddeo, l’Italia è esposta agli attacchi informatici perchè possiede “compagnie all’avanguardia nella ricerca tecnologica e perchè è un partner molto importante degli Usa. Avete informazioni di strategia militare e diplomatica fondamentali. La tecnologia nel campo dell’informazione si sta muovendo più velocemente della nostra capacità di stare al passo con le difese – avverte l’ex capo dell’Fbi nel nostro Paese – Per l’Italia sarebbe dunque importante stabilire una strategia nazionale per consolidare le responsabilità. L’Italia ha una struttura di difesa cibernetica frazionata, in questo campo è indietro. Il primo passo sarebbe creare un cyber command, un’autorità centrale che possa gestire le risposte, creando una partnership fra il settore pubblico e quello privato. Per funzionare al meglio, questa struttura ha bisogno della massima autorità esecutiva possibile – prosegue l’esperto americano – Un’agenzia non ha il potere di ordinare alle altre cose fare: cominciano subito rivalità, lotte interne, ritardi nell’esecuzione – spiega – In Italia, pertanto, questa autorità dovrebbe avere sede a Palazzo Chigi”.