Il 28 febbraio ricorreva il 31° anniversario del Condono edilizio dell’85 (Legge n.47/85). Come è andata da un punto di vista economico? Per ora sono state evase solo il 50% delle pratiche e, per incassare poco più di 1,5 miliardi di euro d’oggi, lo Stato ha poi dovuto spenderne 4, 5 in oneri d’urbanizzazione. Il triplo. Un suicidio economico, urbanistico e morale.
All’epoca Bettino Craxi, esprimendo soddisfazione per l’approvazione, annunciò che le misure avrebbero concorso «con efficacia a porre fine al fenomeno dell’abusivismo edilizio, che era divenuto dilagante». Secondo il Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali Mercato Edilizia), l’effetto annuncio, fatto dal ministro dei Lavori Pubblici Franco Nicolazzi nell’83, «avrebbe provocato l’insorgere, nel solo biennio 1983/4, di 230.000 manufatti abusivi».
Nel `94, dopo l’annuncio del nuovo condono, di Silvio Berlusconi, replay. Al punto che il sindaco Enzo Bianco, a Catania, ordinò che chi voleva la sanatoria portasse la foto dell’abuso commesso. Molti non l’avevano: la casa abusiva da sanare non esisteva ancora. Del resto, quale rischio correvano gli imbroglioni? Tre anni dopo, avrebbe certificato Legambiente, dei 18.402 casi di abusivismo dichiarati «non sanabili» e quindi da abbattere (3.309 in parchi e riserve, 12.899 in aree protette, 2.194 in territorio demaniale), gli edifici effettivamente abbattuti erano stati 446. Dei quali solo 66 in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. E così sarebbe andata anche col terzo condono, quello berlusconiano del 2003.
Tutti i condoni hanno incassato molto meno di quanto pomposamente annunciato, ma hanno contribuito, storicamente, a spingere centinaia di migliaia di persone a compiere abusi non ancora commessi. Col risultato che nel solo periodo 1982/1997 furono costruite (dati Cresme) 970.000 abitazioni totalmente abusive. E l’andazzo è andato avanti, nella prospettiva che «un giorno o l’altro un altro condono arriverà», al ritmo di almeno 26.000 case abusive l’anno. Con una percentuale di demolizioni (alla fine di un calvario giudiziario) del 10,2%.
Un dato, comunque, pare ormai assodato. I condoni, finanziariamente, sono stati un harakiri. Basti dire che, grazie alle leggi che generalmente spinsero i furbi a pagare troppo spesso solo i primi acconti (per bloccare le inchieste giudiziarie e gli appiattimenti) gli 8 milioni di italiani che vivono negli oltre due milioni di case interamente abusive hanno pagato di sanzione una pipa di tabacco. Per capirci, se è vero che l’incasso ufficiale complessivo è stato, secondo Legambiente, di 15 miliardi e 334 milioni di euro attuali, ogni furbetto ha pagato mediamente meno di 2.000 euro. Niente, rispetto ai costi caricati sui Comuni. «Il territorio urbanizzato dall’abusivismo (la cui densità è più bassa delle aree di normale lottizzazione) è pari a circa 50 mila ettari», «per urbanizzare ogni ettaro con le opere indispensabili (fognature, acquedotti, strade, reti elettriche e telefoniche) ci vogliono in media 600 mila euro. Più le spese per le opere di urbanizzazione “sociali”, cioè scuole, sanità e così via, che costano altri 300 mila euro ad ettaro». Totale: 900 mila euro ad ettaro completamente urbanizzato a spese dello Stato. Insomma, per sistemare il territorio agli abusivi abbiamo speso 45 miliardi di euro. Caricati sulle spalle di quella grande maggioranza di cittadini che quegli abusi non li hanno mai fatti.